Una
settimana fa mi trovavo in una stanza d’ospedale, a letto, con un piede avvolto
da una benda insanguinata, appoggiato su una borsa del ghiaccio. Al braccio un
flebo che sembrava non esaurirsi mai: appositamente tarata per gocciolare lentissimamente,
contribuiva ad alimentare la mia ansia. Con
questo ritmo non finirà entro domani, vuoi vedere che non mi lasceranno uscire
per questo? Le TV a tutto volume, il letto scomodo, le voci fuori e dentro
di me…
Dopo
sette giorni, non so pronunciarmi sulla mia condizione. Certo che fa male, non
dovrebbe? Cammino, sì, il più è partire: i primi passi sono decisamente
critici, poi si trova una sorta di assestamento – per quanto molto precario. Vorrei
muovermi di più, ma sarà il caso? Il chirurgo mi ha detto di camminare, ma non
ha quantificato: da una stanza all’altra, attorno a casa, per strada? Con questo
piedone, poi! Comincio a non sopportare più la fasciatura, così ingombrante e,
a mio avviso, scarsamente anatomica. È fastidiosa sotto il tallone, mi chiedo
se possa essere una causa del disturbo che avverto quando mi piego con la gamba
tesa: sento “tirare”, difficile specificare come e cosa. Rabbrividisco al
pensiero di che cosa si annidi lì sotto. Lo scoprirò tra una settimana. Attendo
quel giorno con trepidazione: paura e speranza, prima l’una poi l’altra; più insidiosa
la prima, più luminosa la seconda. Ho voglia di parole rassicuranti, parole che
siano ferme e determinate, capaci di scavarmi dentro. Sono stanca di vacillare,
mi serve forza ed equilibrio. Dovrei trovarli innanzitutto in me stessa, ma è
noto quanto siano labili le mie certezze.
La
toccata e fuga da Decathlon è stata benefica. Ho evitato accuratamente il
reparto running, mentre mi sono soffermata tra gli articoli da bici. Speravo in
qualche bazza, niente da fare. Mi provo la maglia meno costosa e comprendo la
ragione di quel prezzo, non vale la spesa – mi sono già fatta fregare dai
pantaloncini, che mi toccherà indossare mio malgrado (ne ho acquistati due
paia, purtroppo senza provarli prima: prima una taglia S, che va bene a Jader,
poi una XS, che sembra identica all’altra – cioè ci ballo dentro). Che almeno
la “frazione” ciclistica sia di breve durata…
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