Di
restare a letto non se ne parla proprio. Oggi è Jader il responsabile della
levataccia: stamattina parte per Trieste, dove domani fotograferà la mezza maratona
per Fotosportnew (la ragione della partenza alle 8:30 di sabato la ignoriamo
sia io che lui). Resterò quindi sola per due giornate intere, sola e invalida.
Panico! Meno male che non sono completamente inferma, anzi: ho addirittura
azzardato qualche passo senza stampelle. Senza pensarci, mi è venuto quasi
spontaneo. Del resto, già da ieri gli attrezzi mi servivano da sostegno, ma il
piede lo appoggiavo già. Non esagerare,
però. Capirai, dove vuoi che vada? Dalla sedia al divano, dalla cucina al
bagno, andata e ritorno. Mi sento già floscia e pesante, questa inattività mi
logora e l’idea di aumentare anche solo di un etto mi disgusta. Eppure mi sono
imposta di starmene buona, almeno fino al prossimo controllo: niente esercizi
di nessun genere, scordati le sedute infinite di core stability, concesso solo
l’allenamento mentale. Allora leggiamo pure il giornale, le mail e gli
aggiornamenti nei social. È proprio su questi ultimi che, in certe situazioni,
si rivelano fatti sorprendenti: scopri che persone che a malapena conosci si
preoccupano per te, altre che credevi affini non ti considerano minimamente. Io
sono notoriamente un orso, perciò non mi prodigo in ammiccamenti o effusioni, mentirei
però se affermassi di essere indifferente alle espressioni di vicinanza – o di
lontananza. Ad ogni modo, poiché non voglio logorarmi davanti ad uno schermo,
sfrutto il tempo e il silenzio per tuffarmi nel libro che ho deciso di
affrontare: un tomo di 1094 pagine del quale avevo letto recensioni
interessanti e che non avrei mai osato sfidare se non l’avessi visto in
biblioteca. Non amo prendere libri in prestito, desidero possederli, farli
miei: voglio poterli sottolineare, scarabocchiare, contrassegnare. Per una
volta, però, causa prezzo e mole, ho preferito una soluzione meno impegnativa.
Dubito però che, nonostante tutto, sarò in grado di terminarlo nei tempi
prestabiliti – con vergogna, mi toccherà chiedere una proroga.
Qui |
Proprio
mentre sono immersa nella lettura (che, confesso, non è affatto agile: e mi è
difficile capire se la causa sia il testo o la mia mente tutt’altro che fresca),
ricevo un SMS da Easycoop. Ho infatti deciso di approfittare della promozione
rivolta ai nuovi clienti per testare questo servizio - anche perché nelle mie
condizioni fare la spesa è una faticaccia. Posso dirmi pienamente soddisfatta. Avevo
fatto l’ordine giovedì. Il sito è di facile consultazione, e con un PC migliore
del mio le procedure sono agili. Purtroppo non era disponibile la consegna il
giorno seguente, così ho optato per sabato (oggi): a seconda della fascia
oraria prescelta, variano le spese di spedizione. Essendo murata in casa, ho
potuto tranquillamente selezionare l’orario più conveniente. Si può anche
pagare alla consegna, con carta o bancomat, senza costi aggiuntivi. L’SMS ti
avvisa che la tua spesa è in viaggio, fornendoti un link per seguire i
movimenti in tempo reale: nome del corriere e minuti mancanti all’arrivo. Zompettando
sulle stampelle, mi avvicino al cancello che, ovviamente, non ne vuole sapere
di aprirsi: proprio nel momento in cui transita un furgone a bassa velocità. Il
conducente mi vede: lui capisce che sto aspettando qualcuno, io capisco che sta
cercando qualcuno. Torno in casa per attivare l’unico interruttore funzionante
(troppo complicato per i padroni di casa aggiustare tutti i collegamenti), mi
scuso per il disagio, ma il ragazzo non pare affatto contrariato. Scarica i
contenitori, li dispone su un carrello e mi segue verso l’ingresso, chiedendomi
dove voglia che siano appoggiate le sporte. Mi domanda persino che cosa mi sia
successo. Pago, ringrazio e saluto. Simpatia e cortesia sorprendenti: qualità
oltremodo rare.
Torno
sul libro, prefiggendomi di continuare fino all’inizio del Giro d’Italia – così
anche il pomeriggio è programmato. Disapprovo totalmente la scelta di fare
esordire la gara in uno Stato criminale, ma non so resistere al fascino di
questo evento, reso maggiormente interessante dalla partecipazione di Froome. Ebbene
si, tifo per lui. Non sono animata da nessuno spirito patriottico, non riesco a
parteggiare per un individuo o per una squadra solo perché italiani, non sono
orgogliosa di essere italiana – né emiliana, o ferrarese o bolognese. Non ho
legami né radici sul territorio, se potessi passerei la vita a girare il mondo:
un mese qua, un altro là, a sensazione. Così come a sensazione prendo a
simpatia un atleta piuttosto che un altro. Tra i ciclisti, Nibali mi è
antipatico, Aru mi fa tenerezza, Froome mi affascina. Forse perché sembra un
alieno, forse perché gli invidio la paurosa magrezza associata ad una forza
sovrumana, forse perché ho un debole per l’english style. Fatto sta che mi
auguro si risolva nel migliore dei modi la vicenda salbutamolo, e nel frattempo
lascio correre il mio stupore tra le varie tappe, sempre chiedendomi come sia
possibile gestire un simile sforzo. Tra qualche settimana potrò tornare in
bici: fondamentalmente la detesto, ma ormai è diventato un rapporto di
odio/amore. È il cavallo che devo domare: mi sfinisce, ma mi procura qualche
soddisfazione – per quanto ogni volta mi auguri che sia l’ultima, perché correre
per me è solo una questione di piedi per terra.
È
buio, è una sera triste. Voglio evitare l’antidolorifico, non ne sento il
bisogno. Continuerò invece con le iniezioni sulla pancia (che impressione!):
pare che possa sospenderle se inizio a camminare, ma fare due passi tra una
stanza e l’altra può definirsi “camminare”? Nel dubbio, proseguo ancora per
qualche giorno. Ora torniamo al tomo: sono a pagina 200, la strada è ancora
lunga.
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