sabato 5 maggio 2018

Diario di un calcagno - Giorno 3


Di restare a letto non se ne parla proprio. Oggi è Jader il responsabile della levataccia: stamattina parte per Trieste, dove domani fotograferà la mezza maratona per Fotosportnew (la ragione della partenza alle 8:30 di sabato la ignoriamo sia io che lui). Resterò quindi sola per due giornate intere, sola e invalida. Panico! Meno male che non sono completamente inferma, anzi: ho addirittura azzardato qualche passo senza stampelle. Senza pensarci, mi è venuto quasi spontaneo. Del resto, già da ieri gli attrezzi mi servivano da sostegno, ma il piede lo appoggiavo già. Non esagerare, però. Capirai, dove vuoi che vada? Dalla sedia al divano, dalla cucina al bagno, andata e ritorno. Mi sento già floscia e pesante, questa inattività mi logora e l’idea di aumentare anche solo di un etto mi disgusta. Eppure mi sono imposta di starmene buona, almeno fino al prossimo controllo: niente esercizi di nessun genere, scordati le sedute infinite di core stability, concesso solo l’allenamento mentale. Allora leggiamo pure il giornale, le mail e gli aggiornamenti nei social. È proprio su questi ultimi che, in certe situazioni, si rivelano fatti sorprendenti: scopri che persone che a malapena conosci si preoccupano per te, altre che credevi affini non ti considerano minimamente. Io sono notoriamente un orso, perciò non mi prodigo in ammiccamenti o effusioni, mentirei però se affermassi di essere indifferente alle espressioni di vicinanza – o di lontananza. Ad ogni modo, poiché non voglio logorarmi davanti ad uno schermo, sfrutto il tempo e il silenzio per tuffarmi nel libro che ho deciso di affrontare: un tomo di 1094 pagine del quale avevo letto recensioni interessanti e che non avrei mai osato sfidare se non l’avessi visto in biblioteca. Non amo prendere libri in prestito, desidero possederli, farli miei: voglio poterli sottolineare, scarabocchiare, contrassegnare. Per una volta, però, causa prezzo e mole, ho preferito una soluzione meno impegnativa. Dubito però che, nonostante tutto, sarò in grado di terminarlo nei tempi prestabiliti – con vergogna, mi toccherà chiedere una proroga. 
Qui

Proprio mentre sono immersa nella lettura (che, confesso, non è affatto agile: e mi è difficile capire se la causa sia il testo o la mia mente tutt’altro che fresca), ricevo un SMS da Easycoop. Ho infatti deciso di approfittare della promozione rivolta ai nuovi clienti per testare questo servizio - anche perché nelle mie condizioni fare la spesa è una faticaccia. Posso dirmi pienamente soddisfatta. Avevo fatto l’ordine giovedì. Il sito è di facile consultazione, e con un PC migliore del mio le procedure sono agili. Purtroppo non era disponibile la consegna il giorno seguente, così ho optato per sabato (oggi): a seconda della fascia oraria prescelta, variano le spese di spedizione. Essendo murata in casa, ho potuto tranquillamente selezionare l’orario più conveniente. Si può anche pagare alla consegna, con carta o bancomat, senza costi aggiuntivi. L’SMS ti avvisa che la tua spesa è in viaggio, fornendoti un link per seguire i movimenti in tempo reale: nome del corriere e minuti mancanti all’arrivo. Zompettando sulle stampelle, mi avvicino al cancello che, ovviamente, non ne vuole sapere di aprirsi: proprio nel momento in cui transita un furgone a bassa velocità. Il conducente mi vede: lui capisce che sto aspettando qualcuno, io capisco che sta cercando qualcuno. Torno in casa per attivare l’unico interruttore funzionante (troppo complicato per i padroni di casa aggiustare tutti i collegamenti), mi scuso per il disagio, ma il ragazzo non pare affatto contrariato. Scarica i contenitori, li dispone su un carrello e mi segue verso l’ingresso, chiedendomi dove voglia che siano appoggiate le sporte. Mi domanda persino che cosa mi sia successo. Pago, ringrazio e saluto. Simpatia e cortesia sorprendenti: qualità oltremodo rare.

Torno sul libro, prefiggendomi di continuare fino all’inizio del Giro d’Italia – così anche il pomeriggio è programmato. Disapprovo totalmente la scelta di fare esordire la gara in uno Stato criminale, ma non so resistere al fascino di questo evento, reso maggiormente interessante dalla partecipazione di Froome. Ebbene si, tifo per lui. Non sono animata da nessuno spirito patriottico, non riesco a parteggiare per un individuo o per una squadra solo perché italiani, non sono orgogliosa di essere italiana – né emiliana, o ferrarese o bolognese. Non ho legami né radici sul territorio, se potessi passerei la vita a girare il mondo: un mese qua, un altro là, a sensazione. Così come a sensazione prendo a simpatia un atleta piuttosto che un altro. Tra i ciclisti, Nibali mi è antipatico, Aru mi fa tenerezza, Froome mi affascina. Forse perché sembra un alieno, forse perché gli invidio la paurosa magrezza associata ad una forza sovrumana, forse perché ho un debole per l’english style. Fatto sta che mi auguro si risolva nel migliore dei modi la vicenda salbutamolo, e nel frattempo lascio correre il mio stupore tra le varie tappe, sempre chiedendomi come sia possibile gestire un simile sforzo. Tra qualche settimana potrò tornare in bici: fondamentalmente la detesto, ma ormai è diventato un rapporto di odio/amore. È il cavallo che devo domare: mi sfinisce, ma mi procura qualche soddisfazione – per quanto ogni volta mi auguri che sia l’ultima, perché correre per me è solo una questione di piedi per terra.
È buio, è una sera triste. Voglio evitare l’antidolorifico, non ne sento il bisogno. Continuerò invece con le iniezioni sulla pancia (che impressione!): pare che possa sospenderle se inizio a camminare, ma fare due passi tra una stanza e l’altra può definirsi “camminare”? Nel dubbio, proseguo ancora per qualche giorno. Ora torniamo al tomo: sono a pagina 200, la strada è ancora lunga.

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