Serata trascorsa in compagnia di Philip Roth,
fino all’ora di andare a letto. Mi sveglia il rientro di Jader, fatico un po’ a
riaddormentarmi, nonostante provi a cullarmi con rosei pensieri. Mi ha sempre
affascinato l’andamento della perdita di coscienza: quel momento in cui ti
rendi conto che la tua mente sta divagando, percepisci l’assurdità dei tuoi
ragionamenti e capisci che sei in procinto di addormentarti. Terrificante è
quella scossa che ti riporta brutalmente alla realtà, come se la tua coscienza
rifiutasse di assopirsi e lottasse per mantenerti in uno stato vigile. Niente
di grave se si tratta di un episodio sporadico, angosciante se si protrae per
tutta la notte, per diverse notti di seguito. Non voglio pensarci,quel periodo
non deve tornare.
La crisi si affronta e si supera, quali che
siano le avversità. Mi sto impegnando, e giorno dopo giorno acquisisco un
pizzico di fiducia in più. Importante: sento di non essere sola. Questo mi inonda
di gratitudine e di responsabilità: guarirò per me stessa e per chi crede che
possa farcela. Dimostrerò che ho ancora qualcosa da dire – e da fare.
A proposito di “fare”: oggi mezz’ora in più
sulla cyclette (i primi 60 minuti tranquilli, poi variazioni di 1 e 2 minuti), poi
solita oretta di core. Quindi, concentrata sul Giro: finalmente una
soddisfazione. Visto? Anche Froome mi dice che dopo una caduta si può ancora
vincere. D’accordo, il confronto è spietato, ma a qualcosa bisogna pure
aggrapparsi.
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