sabato 12 maggio 2018

Diario di un calcagno - Giorno 10


È bizzarro come, in queste notti, la materia dei miei sogni sia influenzata da eventi  e immagini che hanno animato la giornata. O forse dipende dal fatto che, prima di addormentarmi, medito sulle parole che imbastirò nel diario quotidiano: vuoi vedere che l’inconscio abbia qualcosa da suggerirmi? Che, inconsapevolmente, abbia sviluppato un impulso verso la scrittura? Scrittura che, nel dormiveglia, si esplica in un’altra lingua. Perché dalle riflessioni sull’amicizia sono emerse le uniche figure che possa ritenere a tal proposito appropriate, e una di queste è il caro vecchio Roy. Eastbourne, 1993. È vero, lui era molto innamorato, io per nulla, ma non gli ho mai fatto credere il contrario e quando, nel momento del commiato, gli ho ricordato che da quel momento in poi saremo stati solo ed esclusivamente amici, lui mi prese in parola. Iniziò allora una fitta corrispondenza, vere e proprie lettere scritte a mano - ebbene sì, c’è stato un tempo in cui non esisteva internet e nemmeno i cellulari. Ci raccontavamo l’evolversi delle nostre vite, l’abbiamo fatto per anni e solo ultimamente, per pigrizia mia, la frequenza si è rarefatta: dovrò provvedere, gliel’ho promesso ed è importante che lo faccia. Ho iniziato, appunto, in sogno: scrivevo in inglese, con notevole difficoltà, e questo mi indispettiva. Ai tempi andavo via liscia, maneggiavo acutamente la lingua. Ora invece la leggo agilmente, ma sarei decisamente goffa se dovessi esprimermi. Che rabbia: tanto sforzo per imparare qualcosa, poi basta sospendere l’esercizio per perdere pressoché tutto. Come con la corsa. Dicono che la memoria conservi quanto appreso, e che quindi basti poco per riacquisire le abilità sopite. Sarà vero?

Intanto ieri sera mi sono lanciata in un colpo di vita, accompagnando Jader a fotografare la Fluo Run, a S. Lazzaro. La mia opinione su simili manifestazioni sarebbe certamente tacciata di snobismo. Che dire? Inutile ripeta che per me la corsa è uno sport individuale: l’ho scelta per questo, per questo la amo. Ovvio quindi che aborra qualsiasi evento atto semplicemente a fare massa. Tollero a malapena gli allenamenti in compagnia: uno ogni tanto volentieri, che diventi una prassi proprio no. Mi rendo sempre più conto di essere una mosca bianca – ma qui tornerei alle riflessioni di ieri, perciò evito di ripetermi. Quanto alla serata, mi è servita per camminare un po’ e per prendere una boccata d’aria. Pazienza se, mentre il fotografo era all’opera, ho dovuto sciropparmi un’oretta di zumba -esiste qualcosa di più ridicolo?

Sono contenta di essermi mossa, mi ha fatto bene. Infatti, ho dormito più del solito, e anche stamattina mi sono concessa una passeggiata: biblioteca, edicola, supermercato. Niente di che, e sempre stringendo i denti, ma la soddisfazione è tanta. Non che sia scemata la preoccupazione, ma queste incursioni nella vita attenuano temporaneamente le tensioni. Tensioni che, inevitabilmente, prendono il sopravvento nel corso delle interminabili giornate spese davanti ad uno schermo. Ho il sedere piatto, la schiena gobba e le gambe anchilosate. Domani riprenderò l’attività, ho deciso. Semplicemente la mia amata core stability, adesso almeno questa posso affrontarla.

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