domenica 27 febbraio 2011

Camminata di Castenaso

Come sempre mi indigno, e come sempre mi accorgo di essere l’unica a farlo: finendo così, per l’ennesima volta, col chiudere un occhio, cercando di non dare ascolto al mio senso di colpa. Perché, se fossi coerente, non parteciperei a tutte queste gare così spudoratamente fuori regola. Nello specifico, articolo 15.2 delle Norme FIDAL per l’organizzazione delle manifestazioni: "I premi previsti per ciascuna posizione di classifica devono essere i medesimi sia per le categorie femminili che maschili."
Le manifestazioni che si attengono a questa norma sono una rarità. Se la Federazione è la prima a fregarsene, figuriamoci le società o, addirittura, i podisti. Nessuno sembra farci caso, neppure le dirette interessate. Eppure il tema non dovrebbe riguardare solo le poche che arrivano ad aggiudicarsi un premio, e nemmeno dovrebbe ritenersi una mera questione di principio: qui si parla di normative totalmente ignorate, nell’indifferenza totale. Occorrerebbe forse un boicottaggio di massa, chissà. Di fatto, vuoi per disinteresse, vuoi per comodità, vuoi anche per esigenze di squadra, tutto procede come niente fosse – e io stessa, con la mia partecipazione, contribuisco a far sì che la prassi si mantenga inalterata. Il mio resta dunque un semplice ed inutile sfogo.

Sfogo di altra natura, e di diverso contenuto, è quello che vorrei indirizzare a chi, pochi giorni fa, aveva cominciato a lamentarsi per il caldo eccessivo…
In fila sotto la neve per ritirare il premio di categoria, si può? L’unico aspetto positivo di questa corsa era che tutte le pratiche del dopo gara (ristoro, ritiro pacchi, premiazioni), si svolgevano al riparo di un comodo porticato, in modo piuttosto agile. Perché mantenere un meccanismo funzionante? Meglio cambiare tutto, no? Allora facciamo che il ristoro rimane al solito posto, mentre i pacchi gara li facciamo distribuire da un camion parcheggiato in prossimità dell’arrivo, le premiazioni ufficiali le celebriamo all’interno della palestra mentre i premi di categoria li consegniamo in un angolo del campo sportivo: giusto per ravvivare un po’ il movimento podistico. Naturalmente, facciamo il possibile per pasticciare con l’ordine di arrivo, così da vivacizzare ulteriormente il viavai dei podisti affaticati e disorientati.
Comincio a perdere lucidità, mi rendo conto di essere ormai priva di reazioni: stringo il mio pacco come fosse un peluche, quasi riuscisse a riscaldarmi. Al ristoro non ci arrivo, non ce la faccio: voglio solo buttarmi in auto ed essere a casa il prima possibile. A malapena riesco a ripensare alla mia gara. Come è stata? Il Brava Vale! di Jader gridato al mio arrivo farebbe pensare ad una prestazione rilevante. Io, naturalmente, avrei molto da ridire. Certo, considerata la voglia (zero) che avevo stamattina, la tentazione di concludere prima ancora di iniziare, il rattrappimento totale in prossimità del via, potrei affermare che ho chiuso alla grande. Ovviamente non è così, devo però ammettere che non ho avuto cedimenti né vistosi cali di ritmo. Anzi, mi sono sentita in spinta dall’inizio alla fine. Con fatica, sia chiaro, tanta fatica: gestita però con tenacia e sopportazione. Sarà che avevo puntato ad una preda succulenta: quasi un miraggio, tanto risultava inaspettata. Pensavo davvero di poterla agguantare, ci ho creduto fino all’ultimo chilometro. Ma crederci non è stato sufficiente. Se almeno il crono potesse darmi qualche indicazione – ergo, se avessi pigiato sul tasto stop anziché sul lap. Tocca invece attendere l’uscita delle classifiche ufficiali per conoscere il responso. Sospendiamo dunque il giudizio, troppo freddo per ragionare.
Questo periodo dell’anno per me è sempre molto critico, l’inverno mi distrugge e l’idea che lo dovrò sopportare per troppo tempo ancora mi sfinisce ulteriormente. Rischio così di andare in riserva, ritrovandomi priva delle energie necessarie per godere della bella stagione – quando arriverà. Non posso permettermelo. L’ultimo chilometro è sempre il più sofferto, ma subito dopo già pensi alla prossima volta: si tratta solo di stringere i denti, le soddisfazioni arriveranno.

domenica 13 febbraio 2011

Camminata di Viadagola

Diciamolo: che barba ogni anno le stesse gare! Un colpo di vita ogni tanto, è chiedere troppo? Evidentemente sì. Quindi, non potendo girovagare a piacere alla scoperta di nuovi orizzonti, non mi resta che attenermi al solito, immutabile, fisso calendario sociale, che si ripresenta ogni volta come la fotocopia del precedente. Cerchiamo allora di interpretarlo al meglio, iniziando per esempio col ricordare le passate edizioni della gara odierna: come mi piazzai, con quale tempo, chi mi precedette e chi invece riuscii a battere. Scontato il proposito: fare progressi – se non in tutti gli elementi elencati, almeno in qualcuno di essi. Vediamo i principali:

• Piazzamento - L’anno scorso arrivai nona. Quest’anno dovremmo avere al via i quattro fenomeni della mia squadra, la sorpresa dell’anno, l’extraterrestre del Marocco, la mia bestia nera: sono già scivolata in ottava posizione, senza contare le varie ed eventuali. Mi sa che questo aspetto non sarà migliorato.

• Tempo - Nel 2010 un’assoluta schifezza, il peggio non va neppure contemplato.

Temperatura mite, per il periodo, ma la fastidiosa pioggerellina che impregna l’aria di umidità fa rabbrividire: occorre scaldarsi bene, queste distanze richiedono cure attente. Mi aspetta una faticaccia, tre giri infernali, con quella curva a U che spezza il ritmo e che, sul finale, piega le gambe. Già immagino che partirò a scheggia, riuscirò a mantenermi brillante o mi spegnerò come un cerino consumato? Soprattutto: saprò restare incollata a chi conta o la vedrò sfrecciare lontano come spesso (troppo spesso) accade? Mah, intanto sembra abbia smesso di piovere. Stanotte ho sognato qualcosa che ha a che fare con la corsa, ma non ricordo esattamente che cosa. Segno comunque che, sotto la calma apparente, un po’ di agitazione c’è. Eppure non mi pare di avvertire particolare tensione, nemmeno quando siamo tutti schierati in attesa dello sparo – ergo, del momento più critico: la liberazione dei bipedi selvaggi, scatenati nella caccia al posto migliore, disposti a tutto pur di non restare indietro. Non riesco a trovare la “mia” corsa finché mi sento attanagliata dalla massa. Credo, anzi, di essere alquanto ridicola in fase iniziale: una papera spaventata che starnazza per farsi spazio, col terrore di essere arpionata da bestie feroci. Ecco infatti chi approfitta della mia cautela: cosa fanno tutte là davanti? No no, non va per niente bene, qui bisogna impegnarsi. Fuori una, fuori due, fuori tre. Ma quest’ultima non ci sta, me la ritrovo innanzi, attaccata alla mia bestia nera. Tutte e due lì ad un passo. E io? Io mi sento già alquanto impiccata, potrei spremermi ancora? Non è forse prematuro? Queste elucubrazioni mi tolgono energia, a che serve scervellarsi? Qui ci si deve giocare tutto in dieci chilometri, non c’è tempo per giocare con le tattiche. Un altro giro è andato, posizioni immutate. Se non che, come un’apparizione, noto uno scollamento tra le due. Pronta all’assalto, guadagno una posizione – e con essa una boccata di fiducia: chissà che non riesca addirittura il colpaccio. Intanto, vediamo di mantenere questo vantaggio. Anche perché chi mi scodinzola davanti non pare avere nessuna voglia di cedere, anzi, il distacco va aumentando. E’ lei che accelera o io che rallento? Forse entrambe le cose. Di fatto, dopo l’ennesima frenata per la curva a U (finalmente l’ultima), arranco a fatica. L’ultimo paio di chilometri, quelli che dovrebbero mettere le ali, sono interminabili. Se non altro, ho avuto modo di sbirciare alle mie spalle, senza scorgere pericoli di sorta. Questo non significa che possa mollare la presa, sia mai! Cos’è, ormai, un chilometro? Una ripetuta media, come fossi sul mio rettilineo: si vede la fine, non te ne sei accorta? Già la fine: la visualizzo, la sento, la godo quasi. Ma ancora non la scorgo. Curva secca a destra, ormai ci siamo. Qualcuno mi incita, qualcun altro indica dove devo girare, con un altro ancora quasi mi scontro. Caos totale, che mi fa perdere la direzione. Vedo un arco e mi ci fiondo: peccato non sia quello giusto. Un addetto mi sbarra la strada: Dall’altra parte! Mi blocco contro le transenne, arretro quindi imbocco la retta via: altra curva a destra e volata fino al traguardo. Fortunatamente la posizione non era a rischio, ho perso solo diversi secondi. Ma, dico, si può strutturare un arrivo con doppia curva a gomito? Lasciamo perdere. Consideriamo invece gli elementi messi inizialmente in discussione:

• Piazzamento – Quinta: nemmeno nelle più rosee aspettative

• Tempo – Nonostante il crono “inquinato”, un minuto in meno dell’anno scorso

Sono quasi contenta – sottolineo, quasi.





martedì 8 febbraio 2011

Zola Predosa - Trofeo Lolli Auto

L’ho fatto arrabbiare. Eppure, cosa avrò mai detto di male? Dovevo forse bullarmi con un Oggi me le fumo tutte quando, considerata la forza delle avversarie e la mia attuale fase di preparazione, sappiamo bene che mi dovrò accontentare? È vero: mi manca quella sicurezza che, probabilmente, inciderebbe positivamente sui risultati. Ma è anche vero che c’è una bella differenza tra ciò che esprimo a voce e ciò che celo in me: difficilmente rivelerò cosa chiedo a me stessa, preferisco trincerarmi dietro una modesta scaramanzia. Del resto, esibire le mie ambizioni non mi ha mai portato bene. E non mi pare che tu apprezzi chi lo fa: proprio sulla linea di partenza mi hai pregato di incollarmi a colei che si è già dichiarata facile vincitrice (“tanto non c’è nessuno…”). Sarà fatto: oggi l’obiettivo non è il cronometro, ma il piazzamento, e lotterò fino allo stremo per non lasciare nulla di intentato.

Siamo tre, in un gruppetto che procede a passo svelto. Forse un po’ troppo svelto: comprendo che il ritmo è azzardato, ma se lo è per me lo è anche per loro. Vorrà dire che scoppieremo tutte quante, adesso non posso lasciarle andare via: servirebbe solo a demoralizzarmi. È già sufficiente il colpo che accuso alla notizia che non siamo noi in testa: davanti, molto davanti, c’è la sorpresa dell’anno. Volto noto, spesso presente, discreta atleta ma non temibile come avversaria: fino, appunto, ad ora. Ha stravinto il 10mila del 6 gennaio e oggi ci precede di un paio di minuti: niente male come exploit per una MF40. Brava lei… Sta di fatto che, appurato ciò, la sfida si fa ancora più avvincente: se prima si lottava per il gradino migliore del podio, ora in gioco c’è il podio stesso – e nessuna vuole accontentarsi del quarto posto. Cerco di stare coperta, sto bene, mi sembra anzi che potrei spingere un po’ di più, ma meglio non rischiare. Avverto segnali di difficoltà da parte di chi ha ormai perso la certezza della vittoria. Mi faccio avanti, approfittando della discesa dal cavalcavia. Non voglio però essere io a tirare, perciò assesto il mio passo lasciandomi superare nuovamente. L’altra è sempre incollata come un’ombra. Ho un’ulteriore occasione di sorpasso, non resisto e vado. L’ombra sempre lì. Qualcuna, invece, resta indietro: un’assistente di gara ci avverte che è distanziata di 300metri, pare abbia ceduto. Siamo circa al tredicesimo chilometro, la gara è ancora lunga, non illudiamoci. Intanto, chi mi tallona cerca di eliminarmi: già avevo notato una sua presa di posizione alquanto prepotente, della serie "fatti in là che passo io", se poi passiamo allo sgambetto mi infurio. Ehi, vuoi farmi fuori?! Si scusa e passa davanti, col proposito di essere lei a tagliare l’aria. Io invece non sono capace di stare a ruota, non quando si procede alla medesima andatura. È dunque un testa a testa che mette alla prova resistenza fisica e mentale. Il rimto non è più brillante come nella prima metà di gara, temo un black out improvviso, per quanto tutto mi sembri sotto controllo. La mia speranza è che accada come anni fa a Lovoleto, quando fu lei a cedere, ad una manciata di chilometri dall’arrivo. Ma, per ora, non pare avere affatto questa intenzione. Anzi, procede spedita ad un passo da me. Va bene così, non sto forzando, posso quindi ipotizzare uno scatto sul finale. Forse. A dire il vero, non è che abbia chissà quali risorse da cui attingere, sono decisamente al limite delle mie possibilità. Anche lei ha rallentato, manca ormai un chilometro e bisogna rompere gli indugi. Mi affianco, ma lei reagisce: è un tira e molla continuo, nel quale vince la potenza. Cioè lei. Sei secondi di differenza, da mangiarsi le mani. Ma, del resto, nessuna recriminazione: ho dato tutto ciò che avevo. Sul podio, almeno, ci sono arrivata. Un minuto in meno dell’anno scorso, anche questo è un buon segnale. Il Garmin, poi, indica 21,4 km: non voglio mettere in discussione la misurazione ufficiale, ma la media al km che riporta lo strumento è incoraggiante, specie in questa fase, ancora carica dei lavori di potenziamento. Insomma, la stagione è iniziata con ottimi auspici. Ora so che i prossimi risultati non saranno altrettanto gratificanti, dato che la concorrenza sarà maggiore. L’importante è avere ben chiaro l’obiettivo principale: tutto il resto è contorno.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...