domenica 18 settembre 2011

Porretta - Lizzano

Brrr, qui c’è aria da neve! Beh, forse esagero, ma scommetto che ai piedi del Corno se non nevica, poco ci manca. Quel monte è come il castello di Fata Morgana: perennemente circondato da nubi minacciose. Riuscire a scorgere la croce issata sulla cima è un evento, il più delle volte è necessario raggiungere la vetta per individuarla. È anche vero che, in giornate di raro nitore, proprio da quella vetta è possibile intravvedere il mare. Ma questa è un’altra storia - la storia di un’escursionista che ha abbandonato gli scarponi da quando un’improvvida discesa le ebbe procurato un’amara cicatrice. La passione per il trekking frantumata nell’attimo di un grido – e amplificata a dismisura quella per la corsa.

Un’altra storia, si diceva. Quella che mi porta ancora qui, sulla strade che conducono al parco del Corno alle Scale. Di nuovo a Porretta, come un mese fa, ma stavolta diretta a Lizzano – come un anno fa. La medaglia d’oro del Trofeo Alto Reno è già mia (sempre che non stramazzi lungo il percorso): partire con una certezza è un fatto eclatante, specie per chi di certezze non ne possiede pressoché alcuna. Non sia mai che questa evidenza mi tolga quel minimo di determinazione indispensabile per affrontare una gara tanto impegnativa. Figuriamoci! Una prova sotto tono abbatterebbe il mio morale, già tanto precario: non me lo posso certo permettere. In questa fase sto mettendo costantemente alla prova i miei margini di miglioramento, e l’obiettivo di oggi è portare a casa un’ulteriore conferma. Certo, se non avessero cambiato il percorso avrei un preciso punto di riferimento, limare qualche minuto al crono dell’anno scorso era infatti ciò a cui ambivo. Ma così, con un chilometro in meno, a cosa posso puntare? Al piazzamento? Parametro affatto significativo: le concorrenti sono diverse e, sicura vincitrice a parte, ne ignoro le caratteristiche. Alle mie sensazioni, forse. Ricordo una sofferenza infernale, certe salite affrontate sulle ginocchia, persino qualche tratto camminato. Eh no, stavolta di camminare non se ne parla proprio. Ho zompettato allegramente (più o meno) su rampe ben più temibili, non sarà certo una Porretta-Lizzano a mettermi in crisi! Vedremo poi la media finale, almeno quella qualche indicazione la potrà fornire.

Nemmeno stavolta ho coscienza della mia posizione, temo di essermi persa qualcuna che non ho più visto dopo la partenza. Ovviamente non mi guardo alle spalle, ma vado avanti tranquilla, ché le gambe girano bene. Il vento infastidisce meno di quanto avevo paventato, il caldo è discreto ma sopportabile: si corre piacevolmente. Devo preoccuparmi? Intendo: non sarà che queste belle sensazioni siano sintomo di una partenza avventata, che pagherò strada facendo? Ma no, non ho esagerato. Del resto, sono solo 15 chilometri scarsi, mica ci si può industriare con chissà quali tattiche. In costante salita, poi, si può solo sperare che le gambe non cedano all’improvviso. Che strano, non è dura come la ricordavo. Eppure fu proprio qui che mi bloccai di colpo, col traguardo distante anni luce. Il cartello segna 12, ne mancano due o tre? Non ho capito bene quale sia l’effettiva lunghezza di questa gara, ciò che conta è che ormai ci siamo e, soprattutto, che sono ancora sufficientemente in spinta. A breve saremo deviati verso l’arrivo, mentre i più temerari proseguiranno diritti verso il Cavone. C’è un muro da scalare prima di vedere la fine, ce la dobbiamo proprio guadagnare questa meta. Quasi travolgo i giudici, che non so cosa stiano pasticciando (tanto per cambiare…): basta che annotino correttamente la mia presenza e il mio risultato – che è di tutto rispetto.

La medaglia è davvero bellissima. La foto che la ritrae altrettanto: è stata pubblicata su tutti i giornali, sono quasi diventata famosa… Ci vuole proprio poco, è vero, ma questo poco mi aiuta a sorridere – e solo io so quanto ne abbia bisogno.


domenica 11 settembre 2011

Lucca - Campionati italiani 10 km

Era troppo caldo per correre forte, sudavo io a fare il tifo.
Questo il commento di Stefano al mio ringraziamento: il suo “Vai Vale!” mi ha illuminato, ma non è stato sufficiente a farmi volare come avrei voluto. Ho mancato il mio obiettivo per due manciate di secondi, eppure non mi sembrava di chiedere troppo. Chissà, se avessi controllato il crono sul finale, avrei forse trovato le forze per uno sprint più grintoso, guadagnando magari una posizione sulla ragazza che mi precedeva di un passo e non facendomi acchiappare da quella che mi seguiva. Ragazze, appunto, la metà dei miei anni o poco più. Incoraggiante potersi ancora confrontare con tanta gioventù. Interessante, d’altro canto, confrontarsi con il top delle atlete. Beh, in questo caso parlare di confronto è un po’ azzardato: diciamo che si parte tutte assieme e si percorre il medesimo tragitto ma, per chi guarda, è come assistere a gare completamente diverse.
Cosa ci faccio qui? Me lo sono chiesta dall’inizio, da quando cioè il presidente ha cominciato ad accennare alla nostra partecipazione ai campionati italiani assoluti – e, sottolineo, assoluti. Devo venire anche io? A fare cosa? 10 km, distanza infernale. Bisogna correre forte dall’inizio alla fine, chi è capace? E meno male che sono solo due giri, se non altro non si rischia il doppiaggio. Spero solo di non arrivare ultima…

Partenza alle 17, che razza di orario! Detesto gareggiare di pomeriggio: tutto il giorno a pensare alla gara, tutte energie sprecate. Però, che meraviglia è Lucca, un vero peccato non potersi fermare con più calma. L’ultima volta che venni qui fu per il concerto di David - e fu anche l’ultima volta che lo vidi, sembrano passati secoli. Se allora mi avessero detto che sarei tornata in questa città per una gara podistica, avrei riso come una pazza. Oggi invece non c’è proprio niente da ridere. Cerco di convincermi che farò una gran gara, qualche volta ha funzionato – come a New York, nel magico 2005. Ero carica di rabbia e la sfogai sul mio Moleskine: “Io sono calma e farò una gran gara”, ripetuto in un’intera pagina. Non sarà stato quello, ma realizzai una delle mie migliori prestazioni. Oggi non succederà nulla di simile, sono passati quei tempi, ma voglio ancora credere di potermi stupire.
Il primo passaggio è discreto, ma è proprio adesso che il gioco si fa complicato. L’impressione è di essere ancora in spinta, in costante fase di sorpasso. Ma l’atleta a cui puntavo si allontana: ha accelerato lei oppure ho rallentato io? Gli ultimi 500 metri sono i più nervosi, una S, quindi una curva a U prima del breve rettilineo finale. Pare che, rispetto al primo giro, abbia guadagnato una quindicina di posizioni. Sarà. Sta di fatto che volevo andare più forte e non ci sono riuscita.



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