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venerdì 8 ottobre 2021

Navigare a vista (Day 21)

Uno potrebbe vivere nel suo buco solo tutta la vita. Sì, certo. Ma avrebbe sempre bisogno di qualcuno per calarlo nella fossa anche se se la fosse scavata con le sue mani. Tutti lo facciamo. Solo l'uomo seppellisce i morti. Quel che colpisce subito. Seppellire i morti. Dicono che Robinson Crusoe è realistico. Bene allora lo seppellì Venerdì. Ogni Venerdì seppellisce un Giovedì a pensarci bene. 
(Joyce)

Giornate che scorrono tutte uguali, ma con sempre maggiore stanchezza. Stanca di far niente, di stare scomoda in qualsiasi posizione, di incontrare difficoltà ad ogni movimento. Sempre con la paura di farmi male, ché è un attimo perdere l’equilibrio e moltiplicare i danni. Ormai ho maturato la convinzione che certe imprese deve affrontarle chi possiede i mezzi appropriati – fisici e mentali: chi può farsi beatamente assistere, chi può organizzare opportunamente gli spazi, chi ha fiducia in se stesso e nel mondo.

Vado a ripetere le analisi del sangue, ricevendo conferma della meschinità del genere umano. Che si palesa con qualcosa che va oltre l’indifferenza: una persona in bilico sulle stampelle viene semplicemente ignorata solo perché non può essere subitamente abbattuta. Manca poco che mi calpestassero, per passarmi davanti. E non va tanto meglio nemmeno là dove gli “invalidi” sono il pane quotidiano: al Rizzoli ho dovuto zampettare lungo un infinito corridoio per raggiungere l’ascensore che conduceva agli ambulatori. Fossi stramazzata al suolo, non se ne sarebbe accorto nessuno. Dopo una lunga attesa, eccomi finalmente al cospetto del mio dottore. Come va? Che dire? Non ne posso più. Già, dovevo saperlo, devo avere pazienza… No, questo non lo dice, me lo dico tra me e me, da momento che dovrei avere ben memorizzato la tiritera. La rimozione dei punti è meno dolorosa di quanto mi aspettassi, e ora pare che non ci sarà bisogno di ulteriori medicazioni. Nessun fastidio nemmeno premendo sulla zona martoriata. Il gesso può dunque essere sostituito dal tutore (nuovo di zecca): da indossare permanentemente per una settimana, sempre osservando le precauzioni adottate sinora, per poi cominciare ad appoggiare e a concedere al piede un po’ di movimento. E qui verrà il bello: stando al referto, potrò iniziare anche idrokinesiterapia e fisioterapia per rinforzo muscolare e esercizi per il ROM. A parte il fatto che non so proprio di cosa si stia parlando, mi chiedo dove andare a sbattere. In acqua, rabbrividisco solo al pensiero, e direi di scartare a priori quest’opzione. Potessi nuotare, farei forse uno sforzo, ma poiché ciò non rientra nella profilassi, opto per l’esclusione di tutte le attività al bagnato. E la fisioterapia? Chi la paga? Se almeno sapessi quali accidenti siano gli esercizi per il ROM, potrei pensare di svolgerli autonomamente. Certo, proverò a documentarmi sul web. Resta in fatto che continuo a navigare a vista – e all’orizzonte non vedo nulla di piacevole. Intanto, ho ancora una settimana di immobilità, durante la quale riflettere e rimuginare (tanto per cambiare). 


Questa condizione, se non altro, favorisce la lettura: ho piacevolmente riesumato tomi che avevo abbandonato anni fa. Letture straordinarie, che evidentemente avevo approcciato con spirito inadeguato. Ora, non so quale genere possa accarezzare il mio stato d’animo, di certo il tempo a disposizione gioca a favore di libri impegnativi. Ho deciso quindi di esagerare: ci riprovo con Joyce, per la terza volta. Duecento pagine sono già andate, ormai non mi fermo più: consapevole che per buona parte vagherò nella nebbia, sono convinta che ne valga la pena.

sabato 25 settembre 2021

"Il mio equilibrio nasce dall'instabilità" (Day 8)

 

Impulsi, slanci, amori, intensità, svagatezza appassionata fanno d’un uomo un malato. Quanto tempo potrò sopportare queste percosse interiori? La parete frontale di questo corpo s’abbandonerà. La mia vita intera che batte contro i propri limiti, e l’impeto di desideri inibiti che ritorna in forma di veleno lancinante. Male, male, male… Frenetico, caratteristico, estatico amore che si trasforma in male. (Saul Bellow)

Quando dicevo che i libri ci chiamano e ci rispondono: come non ritrovarsi in questa irrequietudine? Potrei tappezzare le pareti con le migliori pillole di saggezza, ma a nulla servirà indossare occhiali rosa se l’ottimismo vive altrove. È per questo che continuo a pensare che sarebbe stato meglio lasciare le cose come stavano: per affrontare simili situazioni occorre animo sereno, oltre a fiducia incondizionata – fiducia negli altri ma, soprattutto, in se stessi. Caratteristiche che, si sa, non mi appartengono. E se è vero che la testa condiziona ciò che accade nel fisico, la vedo davvero grigia.


Un’altra giornata in solitudine, che decido di prendere di petto sin dall’inizio: mi butto subito sotto la doccia. Ormai ci ho preso la mano, mi gestisco con discreta disinvoltura. Sono sempre in apprensione, invece, nell’affrontare le scale, con le stampelle da spostare e gli appoggi che non mi sembrano mai sufficientemente sicuri. Quanto manca alla liberazione dal gesso? Meglio non pensarci, non siamo neppure a metà. Divano, sedia; sedia, divano. La crio-magnetoterapia scandisce le ore, mentre tv, libri e internet creano l’atmosfera. Atmosfera oggi movimentata dal campanello, che suona più di due volte. Ho così modo di appurare quanto sia necessario risolvere al più presto almeno un paio dei difetti di questa abitazione: il cancello che non si chiude e il citofono che funziona solo verso l’esterno. So che oggi dovrebbero consegnarmi due pacchi, ma chi mi assicura che quello che suona sia il corriere? Fortunatamente dalla finestra vedo chi si approssima alla porta, resta comunque una situazione anomala. Presumo che il primo fattorino abbia lasciato il cancello aperto, visto che il secondo entra senza nemmeno lasciarmi il tempo di rispondere. Dopo qualche ora, ancora uno squillo. Non aspetto più nessuno, chi potrà essere? Guardo fuori e vedo il padrone di casa che vaga in giardino. Arzillo vecchietto, peccato sia già annebbiato dalla demenza senile. Vuole a tutti i costi appiopparmi una busta che si è ritrovato in buchetta: peccato che non riporti né i nostri nomi, né il nostro indirizzo. Come fargli capire che non posso impossessarmene, e tantomeno sono in grado di andarmene in giro a cercare il corretto destinatario? A forza di insistere, riesco a liberarmene. Ma che fatica. Perché deve essere tutto così opprimente? Perché vorrei scappare lontano ogni volta che sento i rumori dei vicini, oggi particolarmente insopportabili? La salvezza è sull’isola: dovrà venire quel giorno.

giovedì 23 settembre 2021

Big foot - Day 6


Insomma, cosa si fumano alla RAI? Quale mente perversa ha considerato di mandare in onda contemporaneamente il primo episodio della nuova serie di Coliandro e Pretty Woman? Non si può costringere l’utente medio ad una scelta così sofferta: quel film non si può perdere, nemmeno alla milionesima visione. E ogni volta si piange, non si scappa. D’accordo, ho scelto l’ispettore per pure questioni affettive (che poi, se proprio vogliamo dirla tutta, visto uno visti tutti), ma il finale su Rai1 l’ho acchiappato, giusto in tempo per “voglio la favola”: e giù lacrime. 


Una settimana fa mi trovavo in una stanza d’ospedale, attaccata ad una flebo che instillava nella mia vena dosi massicce di antidolorifici. Efficaci, senza dubbio. Fortunatamente, finora non sono più stati necessari. Qualche fitta, un leggero fastidio: pressoché nulla che non avvertissi anche prima dell’intervento. Solo stasera ho cominciato a percepire una strana sensazione di pizzicore, una sorta di sfrigolio nella zona operata. Non vedo l’ora di scoprire cosa stia succedendo lì, sotto a quell’ingessatura che mi sembra già da sistemare – per non dire eliminare. Questione di percezioni. Ciò che a me sembra enorme, e simbolo di indubbia sofferenza, ad altri appare quasi inesistente. L’ho notato stamattina, davanti all’ingresso del punto prelievi di Bentivoglio. Porte ancora chiuse, col guardiano a controllare: ci si potrebbe aspettare che una persona in equilibrio su una gamba e due stampelle fosse invitata ad accomodarsi all’interno, in attesa dell’arrivo del personale sanitario. Col cavolo! Chissà perché mi aspetto ancora qualcosa dalla gente, non ho ancora imparato nulla. Ho dovuto invece mettermi in coda prima per la misurazione della temperatura, poi allo sportello di accettazione, appoggiandomi maldestramente a qualsiasi muro o sedia fossero a portata di mano. Solo l’infermiera che mi ha tolto il sangue si è impegnata a mettermi a mio agio: uno su mille…

Le temperature si sono notevolmente abbassate, troppo per i miei gusti. Noto però che anche la mia sensibilità al caldo e al freddo è variata: spostarmi con quegli attrezzi infernali deve comportare un discreto dispendio energetico, considerato come mi accaloro, specie quando zompo al piano di sopra. Sul divano, invece, in maniche corte e piedi nudi non si può più stare. E sulle gambe? Con cotanto zampone non riesco ad infilarmi quasi nulla, se non un pigiama che però vorrei indossare solo a letto. Certo, ci sono problemi più gravi, ma anche a questa quisquilia dovrò trovare una soluzione. Intanto mi godo Saul Bellow. Avevo preso in mano questo romanzo nel 2010, abbandonandolo dopo poche pagine. Evidentemente, allora lo trovai ostico, chissà perché. È sempre una questione di percezioni: forse non siamo noi a scegliere i libri, ma sono essi a scegliere noi. Oggi Herzog aveva bisogno di me – o io di lui. Lettura straordinaria, stavolta mi ci tuffo e mi ci perdo. Un toccasana. 


domenica 19 settembre 2021

Ritorno al calcagno - Day 2

 

Cominciamo a capire fino a dove posso spingermi senza assistenza. Jader è uscito prestissimo, a caccia di podisti da fotografare. Dovrò quindi alzarmi dal letto senza barcollare (i primi movimenti sono i più critici, l’ho realizzato andando in bagno nel pieno della notte: equilibrio oltremodo precario, incedere instabile, necessità di appoggiarsi al muro), aprire gli scuri della finestra, raggiungere la stanza accanto e compiere le indispensabili operazioni di toilette. Per poi affrontare le scale. In realtà, scendere non è un problema, risulta abbastanza agile sostenendosi sul corrimano a sinistra e sul muretto parallelo a destra. La parte più antipatica è la gestione delle stampelle, che sembrano fatte apposta per rifiutarsi di restare appoggiate. Ogni due o tre gradini le devo spostare più in basso, finché regolarmente cadono, per rotolare in fondo alla rampa. Sarebbe utile disporne di due paia, uno su ogni piano. Ma tant’è, ci si industria come si può.

Bisogna poi mettere qualcosa nello stomaco: uno sforzo in condizioni ottimali, figurarsi in questo stato di infermità. Nulla è a portata di mano, anche preparare un tè è un’impresa. Saltello da una mensola all’altra, sostando su uno sgabello quando possibile. Ho comunque escogitato un sistema per non essere costretta a mangiare sulla cucina: una sosta di staffetta. Prima appoggio il piatto sullo sgabello, poi sulla mensola, poi sulla sedia e da lì finalmente in tavola. Se non altro, mi tengo in attività. Perché il resto della giornata trascorre tra la sedia e il divano. Essendomi lasciata abbindolare dal tecnico dello staff del primario, ogni due ore circa mi attacco al piede l’aggeggio per la crio-magnetoterapia. Servirà a qualcosa? Chi può dirlo? Di certo contribuisce a far passare il tempo. Piedone fasciato, gatto accoccolato, libro in mano: sembra tutto molto rilassante. Se non fosse che assimilo nemmeno la metà di quanto leggo e dopo un po’ non riesco più a star seduta da nessuna parte. La mente vaga in tutte le direzioni e le membra lanciano altrettanti segni di insofferenza. Forse, per quanto riguarda l’impegno intellettuale, avrei dovuto optare per qualcosa di più leggero. Ho deciso, invece, di abbandonare temporaneamente la biblioteca per dedicarmi alla mia libreria, appena messa in ordine. Sono troppi i libri ancora da leggere, ci sarà pure una ragione se sono stati acquistati. Così ho preso in mano il primo tuttora intonso, fermamente decisa a portarlo a termine. Sono più di seicento pagine, quale momento migliore per buttarsi su un simile tomo? E comprendo che potrebbe essere affascinante, preso con lo spirito adatto. Il mio, di spirito, in questo frangente non sarebbe adeguato neppure a Topolino, quindi continuo a leggere senza leggere, accontentandomi di quel po’ che riesco ad assorbire. 


La prima esperienza solitaria è filata abbastanza liscia. Sono anche riuscita a pulire la lettiera di Cleopatra. Non ho però trovato il coraggio di salire in camera, ma arriverò anche lì. Anzi, potrei cronometrare quanto impiego ad affrontare i diciannove scalini, così da monitorare i miglioramenti. Magari salvo il segmento.

venerdì 1 gennaio 2021

Letture 2020

 L'unico bilancio che posso fare dell'anno nefasto appena concluso è quello delle mie letture: 

Grandi speranze Charles Dickens

La straniera Claudia Durastanti

Il guardiano della collina dei ciliegi Franco Faggiani

Lamento di Portnoy Philip Roth

Fiesta Ernest Hemingway

Uomini e no Elio Vittorini

Vi prego di strappare questa lettera Lev Nikolaevič Tolstoj

Lettere scontrose Giovanni Arpino

La vita davanti a sé Romain Gary

Il colibrì Sandro Veronesi

American psycho Bret Easton Ellis

Lacci Domenico Starnone

Un dolore così dolce David Nicholls

La misura del tempo Gianrico Carofiglio

Le ore Michael Cunningham

Primavera Ali Smith

Macbeth William Shakespeare

La cura Schopenhauer Irvin D. Yalom

Il nuotatore John Cheever

Middlesex Jeffrey Eugenides

Oblio David Foster Wallace

La suora giovane Giovanni Arpino

Il rosso e il nero Stendhal

Il senso di una fine Julian Barnes

Le inseparabili Simone de Beauvoir






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