Iniziato
male, proseguito altrettanto.
Eseguo
maldestramente l’operazione di impacchettamento piede-polpaccio, perciò esco
dalla doccia con la fasciatura fradicia. Si tratta di un tessuto molto spesso,
ovviamente a strati sovrapposti: mi metto comoda, armata di phon, intenta a
riparare il danno. E se questo incidente avesse ripercussioni negative sulla lesione?
Noto una macchia di sangue, allarme! Mi sovviene che il chirurgo, al primo
controllo, aveva riciclato la benda che mi era stata apposta il giorno
successivo all’intervento, nonostante le tracce della ferita. Basta a
tranquillizzarmi? Mica tanto.
Non è che
inconsciamente tu speri di non riprenderti, per non doverti confrontare con
tutte quelle che esibiscono le loro imprese?
Oddio,
i meandri del mio inconscio sono materia per Freud, io a malapena posso
decifrare le mie elucubrazioni consce. Quello
che so è che osservo giorno per giorno il calendario podistico, immaginandomi
di poter partecipare a questo o quell’evento: oscillo tra la speranza e la
disillusione, tra l’entusiasmo e lo sconforto. Un momento mi domando con quale
società potrei tesserarmi, il momento dopo mi dico che sarà tanto se potrò fare
una passeggiata attorno a casa. Intanto, è vero, intorno c’è tutto un mondo che
si muove in direzioni a me sconosciute: i miei orizzonti si limitavano alle
corse a piedi, mentre ora sembra sia diventato un obbligo dedicarsi ad un
ventaglio di discipline – bici, nuoto, triathlon; in montagna, nel fango, nel
deserto. Nulla di tutto ciò mi attrae, né mi sembra alla mia portata: non me lo
permetterebbe il mio fisico, ancora meno le mie risorse economiche. A me basterebbe
riuscire fare bene ciò che amo da sempre, ciò che ha sempre rappresentato la
mia passione primaria: altre attività potrei prenderle in considerazione solo
in funzione complementare, qualora si rivelassero utili a migliorare la corsa
stessa.
Intanto
sto qui, ad ascoltare il mio piede, le antenne tese verso i segnali che trasmette:
duole più o meno del solito? Emette avvisi particolari o diversi dal solito? Forse
meglio mettere il naso fuori casa, giusto per distrarsi un po’. Il piedone
nella scarpa (di Jader) lo sento un po’ strano, strano risulta quindi il mio
incedere, ma percepirmi camminare è una sensazione impagabile. Diretti verso la
Coop, ci fermano i vigili. Penso ad un controllo di routine, scopro invece che
gli agenti, con i loro potenti mezzi, avevano rilevato automaticamente l’infrazione:
l’auto non è stata revisionata. Ebbene sì, ci era proprio sfuggito: avevamo
provveduto a regolarizzare l’impianto GPL, ma non avevamo controllato (e
nessuno ci aveva fatto notare) la scadenza della revisione. Così, anziché andare
direttamente al supermercato, ci fermiamo presso il Centro Revisioni Auto – se non
altro, il servizio è immediato. E già che siamo in vena di svenamenti, prima di
andare a casa passiamo dal comando della polizia municipale per pagare la
multa. Come veder volare in un baleno 180 euro.
Consideriamo
il lato positivo: ho fatto una passeggiata. Un po’ indolenzita, è vero, ma mai
mi sarei aspettata di potermelo permettere a nemmeno una settimana dall’intervento.
Non che questo mi tranquillizzi, ci vuole ben altro. L’importante è che Jader
continui ad arginare le mie paturnie: solo la sua pazienza può avere la meglio
sulla mia ansia.
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