venerdì 1 marzo 2019

Trofeo Otto Comuni - Finale


Mi si nota di più se vado e non mi piazzo, o se resto a casa e realizzo che avrei potuto piazzarmi? Sì, ma quante possibilità ho? Il calcolo delle probabilità è a mio sfavore, e l’idea di guidare un’ora per correre 6 chilometri non alletta molto. Però, qual è l’alternativa? Tentare una corsa solitaria, col rischio di fermarmi a ripetizione per il dolore, oppure partecipare alla camminata domenicale, col sorriso di circostanza di fronte ai tanti come stai. Domenica rovinata in entrambi i casi. Certo che, anche andare fino là per un pugno di mosche… Insomma, mai una volta che prendi una decisione senza se e senza ma. Vai a quella cacchio di gara, somara! Ne avessi corsa almeno un’altra, il podio del trofeo sarebbe assicurato. Così invece puoi solo sperare in magico incrocio di evenienze: un numero al lotto, perché la tua condizione non ti concede nessuna certezza. Nemmeno quella di riuscire a completarli, quei miseri sei chilometri. Puoi solo fare affidamento sulla santa adrenalina, grazie alla quale dolori e affanni vengono ridimensionati – mentre nei pochi e maldestri allenamenti danni fisici e turbe mentali incombono come mannaie, aggravando ogni minuto di corsa. Esasperante.

Due giri, non mi piace: non amo tornare sui miei passi, preferisco l’andata e ritorno, vedere l’arrivo solo alla fine. Partenza imbottigliata, strade strette, curve e ricurve. Scalpito. E mi innervosisco. Il primo chilometro è decisamente lento, e le mie avversarie sono tremendamente lontane. Che poi, quali sono le mie avversarie? Non so proprio con chi mi stia giocando il terzo posto e, onestamente, preferisco non saperlo. Ho risorse limitate, che gestisco a fatica. Questa distanza, poi, per me è un’assoluta incognita. Non così corta da permetterti di sparare tutto e subito, né così lunga da consentirti giochi tattici. Senza contare il fatto che io, quanto a tattica, sono sempre stata una schiappa. Domenica scorsa sono partita come un razzo, per poi pagarla nel finale. Oggi, con l’intasamento, ho da subito tirato i freni, ma poi? L’aria è decisamente fredda, troppo per i  miei gusti. Rispetto ad una settimana fa, mi sento più impacciata. Cerco di curare l’andatura - piedi gambe braccia, controlla! Sarebbe bello sciogliere le briglie nel secondo giro, è così che si dovrebbe fare. Se solo avessi più chilometri nei miei muscoli, se solo avessi potuto allenarmi decentemente…succederà mai? Non è il momento, nessun dubbio è ammesso ora: ora l’imperativo è spingere al massimo fino all’ultimo metro. Insomma, più o meno. Impegnarsi, dai: che non si dica potevi fare meglio.   

Sarebbe bello se, a giochi conclusi, si potessero consultare le classifiche. Invece no, tocca assistere alla premiazione di tutte le categorie, dai neonati agli anziani. Naturalmente, le vecchie sono le ultime ad essere considerate. A teatro ormai svuotato, apprendo che potevo tornarmene a casa subito. Pazienza. Ci ho provato, no? Vado a sfogarmi un po’ sulla cyclette, meditando sul da farsi nei giorni a venire. Senza un obiettivo mi manca la motivazione; senza uno stimolo mi manca la forza di sfidare il dolore. Rischio di spegnarmi proprio quando la stagione va accendendosi. Reagisci!



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