Zitti zitti, che il silenzio è d’oro. Sembra che
oggi il calcagno abbia poco da dire, vediamo di non svegliarlo. Devi dimenticarti di averlo, è l’imperativo.
Non lo dico a nessuno, ma oggi avverto timidi segnali di miglioramento. C’è
solo quello strano fastidio sotto al tallone, come se camminassi con una piega
nella calza o nella suola della scarpa. Me lo trascino da quando sono uscita
dall’ospedale, e lo attribuivo alla benda corposa. Invece è ancora lì. Insomma,
impossibile che io sia esente da qualche singolarità: devo pur sempre
distinguermi.
Persino il mio scooter, poverino, è pieno di
acciacchi. Fortunatamente adesso è in mani competenti, ma saperlo così
malridotto mi fa provare pena. Che almeno riesca a riportarlo a casa senza svenarmi.
Per distrarre la mente dai malanni (umani e non),
sfido il meteo minaccioso e inforco la bici. Confesso che, senza lo sprone di
Jader, mi sarei sparata l’ennesima seduta di cyclette – io e Philip Roth, oggi
più che mai vicino al mio cuore. Ma anche l’uomo necessita di svagare corpo e
spirito. Andiamo, se no ce ne pentiremo.
Andiamo pure, ma quelle nubi?... Avvolgono ogni lato del cielo, coltri di grigio
declinato in varie sfumature su ogni versante. Difficile individuare la
direzione più favorevole. Nemmeno il vento spira in un senso ben definito. Cerchiamo
di non allontanarci troppo – anche perché per Jader è la seconda uscita della
stagione, ha quindi poca autonomia. Infatti lo perdo subito. Serve a poco
ripetergli ogni volta di frenarmi qualora mi staccassi troppo. Niente. Devo continuamente
voltarmi indietro per verificare la sua presenza. E mi tocca pure rallentare
quando, da una strada laterale, spunta un attempato ciclista davanti a me. Non voglio
avvicinarmi troppo, guai a fargli credere che mi sia messa in scia, però che
scocciatura. Il furbo evidentemente ha notato la mia presenza, comincia a
toccarsi una gamba e quasi si ferma: sono costretta a superarlo. E lui cosa fa?
Si attacca e, dopo poche centinaia di metri, mi sorpassa a tutta velocità – per
piantarsi di lì a poco, prima di immettersi nel cortile di un edificio. Quando ci
si mettono, gli uomini sanno rendersi esageratamente ridicoli. Qualche goccia
di pioggia ci sorprende, due appena. Arriviamo a casa indenni – Jader giurando
che non toccherà più la bicicletta, ma questa è un’altra storia. Io ho pedalato
piano piano, ma mi è servito per rilassarmi: soprattutto, per non pensare al
mio piede. È così che devo agire, no?
Adesso però lo coccolo un po’, lo trastullo
nell’acqua con le bollicine. Deve fare il bravo, così facciamo contenti tutti.
Nessun commento:
Posta un commento