mercoledì 17 ottobre 2012

Open. La mia storia

Di tennis capisco ben poco e Agassi è un lontano ricordo: ai tempi non mi stava neppure particolarmente simpatico - gli preferivo di gran lunga Sampras, semplicemente perché lo trovavo alquanto bello: dovendo scegliere per chi tifare, priva di qualsiasi competenza, mi appellavo all’estetica.

E allora perché questo libro? Inutile nasconderlo: principalmente, perché ne parla Baricco nella prima puntata della sua rubrica Il mio mondo in 50 libri. E’ vero che Baricco riesce a farmi innamorare di qualsiasi testo parli, ed è altrettanto vero che molti di quelli che ho poi affrontato si sono rivelati delusioni. Però qui c’è lo sport: la passione e la sofferenza, l’esaltazione e l’angoscia; i conflitti mentali di un grande atleta, i tormenti fisici e psicologici che hanno caratterizzato un autentico fenomeno, il dialogo interiore di chi ha sempre un avversario di fronte a sé: ecco cosa cercavo in queste pagine. Ricerca fruttuosa, oltre qualsiasi aspettativa. Il merito, va detto, non è solo del protagonista: per quanto una vita possa essere straordinaria, resta cosa anonima se nessuno la sa raccontare. Agassi ha consegnato la sua vita nelle mani di un grande scrittore: il risultato è un racconto avvincente, capace di sorprendere ed emozionare. “Io odio il tennis” è il leit-motiv che anima tutte le 493 pagine: una battaglia infinita tra ciò che sei e ciò che altri vorrebbero tu fossi; tra ciò che sei e ciò che vorresti essere; tra ciò che sei e ciò che di te conosci. “A pochi di noi è concessa la grazia di conoscere se stessi, e finché non ci riusciamo, la cosa migliore che possiamo fare è essere coerenti.”

Chissà quanto c’è di vero e quanto di romanzato in questo libro. Ma, in fondo, che importanza ha? Leggendolo, sono riuscita a percepire le sensazioni del narratore, ho quasi vissuto in diretta i suoi match e condiviso i suoi turbamenti. In un campione si cercano spunti di ispirazione: qualcosa che possa spronare, motivare, rafforzare. Qui ce ne sono diversi ma, soprattutto, il libro è ricco di ragioni per cui affezionarsi a quest’uomo: impossibile non desiderare di conoscerlo meglio, chissà come sarebbe chiacchierare con lui… Così fantasticando, mi appunto i passaggi che meritano di essere conservati. L’argomento però non è chiuso: se, citando lo stesso Agassi, questo libro non esisterebbe senza il suo amico J.R. Moehringer , voglio incontrare anch’io questo scrittore – mi ha già colpito con Open, mi colpirà altrettanto con il suo romanzo Il bar delle grandi speranze? Beh, questa volta devo riconoscere a Baricco che aveva ragione, chissà se potrò affermare altrettanto su Agassi.

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