domenica 26 dicembre 2010

Sant'Agata Bolognese - Podistica di Santo Stefano

Perché mi lascio convincere così facilmente? L’avevo detto e ripetuto: non ne ho voglia. È troppo lontano, è una distanza insipida, è un malefico circuito: quale sarebbe il gusto? Senza contare il costo dell’iscrizione, assolutamente sproporzionato. Certo, si parla di una cifra irrisoria per i più, ma non per me, che sto ormai rinunciando a tutto ciò che, non tanto tempo fa, consideravo irrinunciabile. Ecco individuata la ragione del mio cedimento: avendo soppresso ogni forma di svago, le manifestazioni podistiche restano le uniche occasioni per scambiare due battute e alleggerire un po’ la mente. Perché, anche nel più profondo dei baratri, senza la corsa non so stare. Confesso che a volte mi sento in imbarazzo: con tanti problemi, tra serie preoccupazioni, il mio pensiero va sempre al momento in cui potrò calzare le scarpe e uscire a correre. Stupida, vero? Eppure, le poche volte in cui il senso di colpa ha avuto la meglio sull’impulso, non ne ho tratto alcun beneficio: le difficoltà, anziché diluirsi, sono lievitate grazie nervosismo rimasto privo di sfogo. Quindi, i vari dai vieni, dai vai, dai tanto devi pur correre hanno vinto la mia indolenza: e sia, facciamoci anche la "Podistica di Santo Stefano".

Partecipai a questa gara qualche anno fa, solo perché rientrava nel calendario sociale. Non ha lasciato particolari tracce nella mia memoria, ricordo solo il gran freddo e i colori delle nostre divise, come sempre numerose. Stavolta, invece, saremo in pochi – per quanto, ovunque mi trovi a correre, ci sia sempre qualche rappresentante del G.S. Gabbi mai visto prima. Quello che oggi mi sta superando, per esempio, non ho idea di chi possa essere. Per un attimo mi ha sconcertato, la somiglianza con Masca è impressionante, ha persino lo stesso berretto: sto quasi per dirgli qualcosa, Ehi, hai messo il turbo? Ma no, non è lui. A quest’altro invece provo ad attaccarmi: è l’ultimo giro, e siamo nel tratto con vento contrario. Devo riuscire ad approfittare della sua scia, costi quel che costi. Ecco, dopo la curva cambia l’aria, si va un po’ meglio. Ma devo avere speso parecchio, perché colgo segni di cedimento. Lui se ne accorge: si gira, rallenta e mi incoraggia. Non è una faccia nuova, ma non saprei dire chi possa essere. Getta uno sguardo dietro di me: non si pronuncia, devo preoccuparmi? Proprio così: ecco una ragazza che mi supera di gran lena. Un’altra mi aveva già umiliata nel giro precedente, affiancandomi e facendomi ciao ciao prima di staccarsi, non so se per cortesia o per beffa. Di fatto, sono già due posizioni perse. Eppure non mi sembrava di avere rallentato tanto. Certo, la solita gamba ci sta mettendo del suo, incriccandosi proprio sul finale: si è comportata bene fino a qui, ormai mi ero illusa di riuscire ad arrivare indenne al traguardo, invece anche oggi… Stringo i denti, provo a non pensarci. Il ragazzo Gabbi è sempre con me, pare proprio intenzionato a scortarmi. Rettilineo finale, oltre l’incrocio si vede l’arrivo. Ma è proprio qui che un’altra si defila: accidenti, la mia avversaria storica, che avevo superato all’inizio! Falso allarme, non è lei, e vano risulta il mio tentativo di seguirla per tentare la volata. Cerco comunque di dare tutto negli ultimi metri, almeno per evitare un ulteriore smacco. I tre giri infernali sotto il diluvio sono finalmente terminati. Solita coda per uscire dal tracciato. Vari addetti consegnano cartellini con l’ordine di arrivo: a tutti tranne che a me, evidentemente non mi sono classificata per nessuno dei premi in palio. Del resto, in una gara in cui premiano una settantina di uomini e appena dieci donne è difficile conquistare una posizione significativa. Dovremmo avere tutte l’orgoglio di boicottare manifestazioni tanto scorrette in questo aspetto, invece anch’io finisco col cascarci sempre, non dovrei quindi neppure lamentarmi. Oggi, però, vedere tutti carichi di pacchi enormi, mentre io mi ritrovo con una sportina di plastica contenente una confezione di biscotti e un detersivo, beh, mi innervosisce alquanto. Mi cambio il più in fretta possibile, sotto il portico, indifferente agli sguardi curiosi di qualche passante. Poi subito a casa, e mi venga un coccolone se il prossimo anno sarò lontanamente sfiorata dall’idea di partecipare alla Podistica di Santo Stefano.

Nel pomeriggio alcuni amici mi rendono noto che ero stata chiamata alla premiazione. Perché non ne sapevo nulla? Scrivo all’organizzazione chiedendo chiarimenti: in risposta, mi viene confermata la mia posizione in classifica, senza però precisare per quale ragione non fossi stata informata per tempo. Il premio che mi spetta potrò ritirarlo alla prossima tapasciata…
Parzialmente rincuorata per il risultato, restano comunque valide le considerazioni di cui sopra.




domenica 19 dicembre 2010

Corrida del Progresso - Castel Maggiore

Discussione inutile: se gli altri corrono senza troppi problemi anche su strade ghiacciate, perché io non dovrei fare altrettanto? Già, perché? Può essere che io non sia come gli altri. Tutti affrontano in scioltezza sentieri sterrati, io mi sento inghiottita dalle sabbie mobili; tanti si buttano a capofitto giù dai monti, io vorrei chiamare il soccorso alpino; molti esaltano la poesia del podista sulla neve, io maledico qualsiasi elemento che modifichi l’assetto dell’asfalto. Sarà questione di equilibrio, di muscolatura, di testa bacata: fatto sta che, se non sento l’appoggio ben saldo, entro in crisi.

Oggi, quindi, avrei dovuto starmene beatamente a letto. Cosa aspettarsi, con la neve caduta venerdì e i cinque gradi sotto zero di stamattina? Se rinunciassi a priori, però, potrei pentirmene, quindi vado e decido.

Dal secondo al quarto chilometro è una pista da pattinaggio, avvisa Fausto.

Sono venuto giusto per qualche saluto, ma vado a correre alle 11 per i fatti miei, adesso si scivola troppo, precisa Francesco.

Torno a casa! E qui inizia la discussione di cui sopra. Va bene, va bene, parto. Ma non meravigliarti se torno indietro subito.

È infatti ciò che valuto quando, dopo il terzo chilometro, sono sorpassata da un amico che raramente mi precede. Oggi non è la gara per te. Confermo, sto appunto aspettando lo svicolo giusto per defilarmi. Le avversarie che intendevo controllare mi hanno già salutato da un po’, che senso ha continuare a barcollare? Invece no, continuo. In fondo le altre non sono tanto lontane, e finirà pure questo ghiaccio prima o poi… Finisce, sì, ma in modo molto approssimativo: proprio quando sembra si possa avanzare spediti, ecco il tratto sdrucciolevole che frena l’andatura. Intanto, però, ho recuperato un paio di posizioni, quelle perse nel momento di maggiore difficoltà: non so cosa significhi in termini di classifica, ma devo comunque difendere questa piccola conquista. L’aria gelata mi trafigge, nulla di più sgradevole della sensazione di freddo a gara inoltrata. Anche i pensieri sono assiderati, colgo solo le segnalazioni chilometriche e considero che non manca poi molto. Beh, è tutto relativo, ma cerco di vederla favorevolmente. Questo, del resto, è il mio territorio: sono le strade che mi vedono ogni giorno, in qualsiasi stagione, più o meno affaticata. A volte le percorro in un senso, altre nella direzione inversa; spesso sfrutto solo una parte del tracciato, di tanto in tanto compio l’intero giro. Insomma, oggi gioco in casa: potevo forse sottrarmi ad una simile occasione?
Sono riuscita ad agganciare un podista che mi ha fatto cenno di seguirlo. Procediamo dunque di buon passo. Beh, a dire il vero non sto controllando i passaggi: ultimamente, quando percepisco di non essere sui ritmi che vorrei, preferisco non accertarmene, onde evitare cali di motivazione. Il risvolto negativo di questa pratica è che, così facendo, viene a mancare lo stimolo a tentare un’accelerata per guadagnare secondi che potrebbero risultare significativi. Ma oggi è inutile pensare al crono, mai andatura è stata tanto altalenante. Nell’ultimo chilometro sembra che le gambe non ne vogliano più sapere: accidenti a voi, proprio adesso?! Ci manca solo che chi mi sta puntando ne approfitti per colpirmi alle spalle. Ignoro però il margine di rischio: non mi sono mai voltata indietro, né lo faccio ora. Gli incitamenti sul rettilineo finale mi fanno sentire al sicuro. Marescalchi grida il mio nome – e non si astiene dalla solita battuta a proposito dei miei scarsi sorrisi. Scopro quindi di essere quinta. Le prime quattro sono outsider venute chissà da dove: non potevo ottenere nulla di più. Del resto, oggi è già tanto aver varcato la linea del traguardo.

Chiuso l’anno podistico. Un bilancio? Non sono solita analizzare il passato, né azzardare buoni propositi per il futuro. Basta comunque un rapido sguardo a ritroso per rilevare una pessima stagione primaverile e una timida ripresa nei mesi estivi e autunnali. Conclusione dignitosa e, oserei affermare, promettente: non stilo elenchi di belle intenzioni, ma inutile negare che proietto nel 2011 le ambizioni che aleggiano da tempo nei miei intendimenti.










martedì 14 dicembre 2010

Maratonina di Santa Lucia - Savignano sul Rubicone

Nel fine settimana è prevista neve. Omettendo per decenza le imprecazioni che sorgono spontanee, mi limito a considerare che, con molte probabilità, anche quest’anno la maratonina di Castel Maggiore sarà solo una classifica da consultare per mera curiosità. Peccato. Non tanto per un ipotetico risultato mancato, impensabile in questa fase esprimersi al meglio: peccato perché una gara sotto casa è sempre un’occasione golosa. Ma l’idea di avventurarmi su strade ghiacciate non mi sfiora minimamente. Del resto, la mia stagione si è conclusa domenica scorsa, a Savignano sul Rubicone. È la seconda volta, quest’anno, che gareggio in quella località a me ignota. Decisamente per dovere: quale piacere si potrebbe mai riscontrare nel macinare centinaia di chilometri per competere in contesti privi di qualsiasi attrattiva? L’interesse della società verso certe manifestazioni resta per me un mistero sul quale evito di scervellarmi. Di certo, avrei evitato tranquillante quest’ultima prova se non fosse stata decisiva per la mia posizione nella classifica annuale: ebbene sì, allo stato attuale delle cose devo tenere conto anche di certi dettagli. Quindi, corriamo questa Maratonina di Santa Lucia, e vediamo di correrla al meglio.

Tralasciamo il fatto che si definisca “maratonina” una gara di 14 km circa, e dimentichiamo anche la fatica della maratonina vera, corsa appena una settimana fa e scarsamente smaltita. Qui si tratta semplicemente di non farsi prendere dall’ansia di prestazione e di mantenere un ritmo il più possibile brillante: è nelle mie possibilità, quindi nessun problema.

Gomitate e imbottigliamento subito dopo lo sparo: calma, è tutto sotto controllo. Anzi, avere evitato una partenza a razzo può essere solo produttivo. Il plotone si sgrana di lì a poco, fate largo che passo io! La giornata è luminosa, fredda ma non gelata. Le gambe sembrano girare discretamente, centrare l’obiettivo è ormai una certezza. Mi metto in scia ad un compagno di società mai visto prima, ovviamente mantenendomi a distanza di sicurezza. Quando avverto un accenno di rallentamento, mi stacco e sorpasso. Il Rubicone è alla nostra destra, poi lo attraverseremo per tornare verso il punto di partenza. Il percorso non è male: lunghi rettilinei di campagna, come piacciono a me. Peccato che, dopo il giro di boa, un leggero venticello ci soffi in faccia: per debole che sia, si fa sentire. Comincio ad accusare. Una giovane podista in rosso mi supera quasi fischiettando. E ci si mette anche la solita gamba a farmi perdere secondi preziosi. È solo un momento, adesso passa e torni a procedere spedita, in fondo manca poco. Un altro chilometro, un altro ancora, poi ancora uno e infine l’ultimo. Che sarà mai? Stai superando un sacco di gente, non vedi? D’accordo, sono uomini quindi contano poco, ma è pur sempre una bella soddisfazione, no? Rientriamo in paese, ormai ci siamo. Mi affianco ad un ragazzo che mi incita, prova addirittura a spronarmi affinché riprenda la ragazza in rosso: grazie per la fiducia, ma quella mi ha superato chilometri fa, chi la vede più? Ovviamente, le mie risposte sono solo virtuali, mi guardo bene dal sprecare fiato. Non commento neppure la sua rincuorante segnalazione: Dietro non ne hai nessuna. Evviva, ma nei due chilometri che restano può arrivare il mondo intero. Ehi, che dico? A questo punto, quale che sia la mia posizione, non può più cambiare. Del resto sono ancora in buona spinta, anzi, posso persino provare a spingere un po’ di più. Mi infilo in una pista ciclabile che mi fa deviare dal percorso, costringendomi ad allungare di parecchie decine di metri: rischio!!! Fortunatamente non ho avversarie alle calcagna, poche centinaia di metri ed è fatta.

Ma sì, diciamocelo: sono stata bravina. Ho ottenuto ciò a cui ambivo, e questo dovrebbe bastarmi. Ovviamente c’è sempre qualcosa che non mi soddisfa, ma sappiamo bene che sarà sempre così. Ora andrei volentieri in letargo: è sicuro, nella mia prossima vita nascerò orso – del resto, in parte già lo sono.

martedì 7 dicembre 2010

Maratonina di Voltana

Chi mi aveva parlato con tanto entusiasmo di questa gara, dovrà poi spiegarmi cosa ci trovi di tanto attraente. Il fatto che il settore femminile sia suddiviso in due sole categorie sarebbe sufficiente a farmi risparmiare il costo dell’iscrizione (trovo incomprensibile il fatto che le gare omologate Fidal non rispettino tutte le medesime normative). Vince però la curiosità: se piace a tanti, dovrà pure valerne la pena; e vale anche la pena mettere alla prova le mie gambe sulla classica distanza della mezza maratona.
Se c’è neve o ghiaccio, però, non mi muovo. Queste erano le premesse: disattese. La nostra zona è stata risparmiata dalle nevicate che hanno imbiancato buona parte del centro nord è vero, ma è altrettanto vero che le temperature glaciali hanno lastricato le strade.
Dai, si scivola solo qui, dove non passano le auto; il percorso invece è pulito…Sì, dici bene tu. Che ne sai delle condizioni dell’asfalto là fuori? Sai cosa ti dico? Che faccio un chilometro e torno indietro!

 
Concorrenti di alto livello, addirittura da fuori regione. Per me resta un mistero. Io sono qui quasi per caso, ma tutta questa gente accorsa alla maratonina di Voltana non la capisco proprio.
Beh, hanno sparato, vediamo di iniziare a correre.
Presenze familiari davanti a me – già, anche qui le solite avversarie, ma era in preventivo. Le controllo, altre più o meno conosciute le sorpasso quando mi accorgo, al segnale del primo chilometro, che il mio Garmin è fermo a 400mt: cosa ho combinato? Lo riattivo, ma ormai la rilevazione è sballata. Sto correndo ad un ritmo accettabile, la sfida è riuscire a tenerlo fino alla fine. Ho già dimenticato il ghiaccio: è vero, la strada è quasi perfetta. C’è addirittura chi vuole testarla nei minimi particolari: mi precede infatti un podista scalzo. Non so se meriti i complimenti o la camicia di forza, ma tant’è: lo supero e proseguo sul mio cammino.
Stiamo costeggiando un argine quando mi sfreccia di lato una chioma bionda che avevo intravisto all’inizio: ha accelerato lei oppure sto calando io? Effettivamente ho perso terreno, il leggero vento contrario mi sta infastidendo, ma ancora di più mi disturba il simpaticone che mi si è incollato alle calcagna. Sopporto per un po’, poi provo a scostarmi: niente, un’ombra. Quasi sento il suo fiato sul collo e, peggio, i suoi piedi sfiorare i miei: MI STAI TROPPO ATTACCATO! Zero reazioni, adesso lo meno! Calma, stai perdendo energie per colpa di ‘sto deficiente! Il ristoro è la mia salvezza: il furbastro si ferma e io proseguo, voglio proprio vedere se riesce a riprendermi…
Strappo in salita, non ci voleva. Sono ancora in discrete condizioni, cerchiamo di non ammosciarci.
Un po’ di discesa, provo a lanciarmi, ma il tratto è troppo breve. E ora: sterrato! Mi mancava proprio… Ed ho appena superato un osso duro, vedrai che adesso mi riaggancia. Quanto sto rallentando? Non lo so, evito di verificare. Cerco anche di non imprecare più di tanto, meglio risparmiare tutte le forze ancora disponibili. Finito lo sterrato (terribilmente lungo), di nuovo uno strappo, al termine del quale sono scalzata da un’altra avversaria che mi ero lasciata alle spalle in partenza. Accidenti, come corre! Sembra trascinata dalla sua lepre, che le urla in continuazione. Beata lei…Io devo stringere i denti, e pensare che due chilometri sono un’inezia. Dai, un altro ancora, che sarà mai? Puoi quasi iniziare a contare i passi, quanti sono in 500 metri? Il cronometro al traguardo procede incessantemente: 01:30:50-51-52…Che schifo, ma almeno fai in modo che non scatti il 31. Sembrerebbe fatta, manca però l’ufficialità: resterò col dubbio finché non uscirà la classifica.

Beh, tutto considerato, in una giornata polare, con zero motivazioni, un paio di chilometri sterrati e due salitelle, non è poi andata malaccio. Certo, se non avessi perso tutte quelle posizioni…
Spogliatoi e docce caldi, almeno quelli. Tornando a casa mi assopisco, chiedendomi ancora cosa ci sia di tanto invitante in questa gara.

mercoledì 1 dicembre 2010

Modena: Corricittanova

Come mi sarà venuto in mente di partecipare ad una gara fuori programma (e fuori provincia)? Neanche avessi potuto ambire al ricco montepremi: si sa, quando ci sono soldi in palio, ecco accorrere tutti i podisti di discreto livello, ad occupare le posizioni interessanti in classifica. Escludendo qualsiasi velleità di misurarmi con le atlete più forti, ritenendo fuori discussione qualsiasi ipotesi di record personale, non prendendo neppure in considerazione eventuali attrattive logistico-paesaggistiche della gara in questione, che cosa può avermi indotto a sollevare la cornetta del telefono per dettare la mia iscrizione? Trovo forse più allettante correre tra tanta gente che allenarmi in solitudine? Da quando in qua? Eppure, cercando di dipanare le mie ingarbugliate elucubrazioni mentali, ravviso una timida preferenza a spremermi in un contesto competitivo piuttosto che in un allenamento individuale. Insomma, a prescindere dal risultato, se fatica deve essere, che almeno sia per conquistare un traguardo tangibile – ergo: siccome temo di non essere abbastanza determinata per portare a termine una seduta come dovrei, meglio avvalersi di maggiori stimoli al fine di concludere degnamente la tabella settimanale.

Mentre le mani anchilosate dal gelo tribolano nell’applicare il pettorale alla canotta, mi chiedo che senso abbia la mia presenza qui. Sto battendo i denti, e non in senso metaforico. So bene che non è la prima gara sotto la pioggia, né sarà l’ultima. Ma un conto è tenere fede ad un impegno programmato e preparato con cura, altra questione è apprestarsi a soffrire pur sapendo che la soddisfazione sarà pressoché nulla. Eppure, deve esserci qualcosa di perverso nelle nostre menti se, nonostante tutto, siamo qui a tentare di riscaldarci, in attesa dello sparo. Stefano ha ragione: forse a casa non avresti corso? Ovvio che avrei corso, ma almeno non avrei patito il pre e il post… Basta! Ormai sono qui, tanto vale impegnarsi fino in fondo. Il vantaggio è che oggi nessuno si aspetta nulla da me, nemmeno io, e non dovrò neppure lottare contro le solite avversarie: le uniche che conosco sono inavvicinabili, tutto il resto è puro anonimato. Ecco un altro elemento che giustifica la mia presenza in questo non-luogo (siamo nel parcheggio di un centro commerciale): ho già risaltato in diverse occasioni i vantaggi di correre liberi dai consueti riferimenti. Sconosciuta tra sconosciuti, gara che si delinea metro dopo metro: tutto da scoprire, giocarsi tutto dall’inizio alla fine.
 
Anche qui sterrato, ma allora è un vizio! Che razza di corsa è mai questa? Sottopassi, capannoni, manca poco che finiamo in qualche scantinato. Calma, mantieni la concentrazione, stai andando abbastanza bene e, per una volta, non sei partita come una forsennata. Se almeno riuscissi ad attaccarmi a qualcuno…possibile che non trovi mai un trenino che faccia al caso mio? Al contrario, un furbetto mi sta seguendo a ruota, riparandosi dal vento contrario. Sentirmi tallonata mi manda su tutte le furie: mi trattengo dall’insultare il fenomeno di turno solo per non sprecare energie preziose, ma non intendo certo favorire il suo gioco. Mi scosto per liberarmi della sua fastidiosa presenza, vai avanti tu che sei così forte.
 
I passaggi sono ancora buoni, chissà se riuscirò ad insidiare la ragazza in rosso che mi precede di poco. Ecco che la solita gamba si imballa, non ci voleva. Perdo terreno, devo resistere, saprò recuperare appena il fastidio si sarà attenuato. Ritrovo quindi lo slancio, riesco addirittura a superare una podista: piccola soddisfazione, che mi da carica. Quando mancano 5 km, penso che i primi cinque sono filati lisci e veloci: cerchiamo di tenere alto il ritmo. Mi sento ancora in spinta, sarà così? Non sto controllando i passaggi, lo schermo è bagnato, anche i miei occhiali lo sono: la priorità di proteggere gli occhi va a scapito della visibilità. Tanto più che la pioggia si è tramutata in neve. Siamo sulla via di ritorno: di nuovo sterrato, capannoni, sottopassi… Sopportiamo tutto, ormai è fatta.
 
Il cartellino che mi consegnano all’arrivo rivela che sono ventesima. Un po’ delusa, lo confesso: non immaginavo di averne così tante davanti a me. Jader invece è contentissimo, mi festeggia come se avessi vinto: ovvio, si aspettava di rivedermi dopo pochi minuti dallo sparo, mestamente ritirata causa intemperie. Le intemperie rischiano invece di abbattermi ora, a gara conclusa. Appena ferma, tutto il gelo di questa giornata infernale convoglia sulle mie membra – già provate. Mi trascino fino al parcheggio, salgo in auto e non riesco a smettere di tremare. So che dovrei liberarmi al più presto degli indumenti fradici, ma non sono in grado di muovere un dito: sto talmente male da spaventarmi. Forse è proprio la paura a scuotermi: lentamente sfilo i guanti, apro la borsa, mi spoglio per avvolgermi immediatamente nell’accappatoio. Il tremore si protrarrà ancora a lungo, mi sento però al sicuro. Oggi è stata una bella prova di resistenza, conclusa più che dignitosamente.





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