domenica 22 maggio 2011

Strapanaro (altro flop)

C’è chi è soddisfatto, nonostante il peggioramento di 4 minuti rispetto alla buona prestazione di un mese fa; c’è chi invece contava di migliorare quella prestazione di almeno una trentina di secondi ed è quindi sconfortata dal risultato odierno. Ed hanno poca presa le parole di conforto: con questo percorso e con questa temperatura, non si poteva fare meglio; anzi, il risultato di oggi vale più di quello di allora. Sarà. Di fatto, l’obiettivo è ancora lì appeso, e sembra spostarsi in continuazione. Per che cosa mi alleno?...

Gambe un po’ legnose, forse la Montanara non è smaltita del tutto. La partenza, però, promette bene: basterebbe riuscire a mantenere questo ritmo, tutto sommato abbastanza agevole. Ma il primo tratto sterrato fa scattare l’allarme, e da qui in poi non mi riprendo più. Identico sforzo, ma ridotto rendimento. Capisco che il percorso non si presta alla ricerca della prestazione, e questa considerazione mi rende meno determinata. Subdola, si insinua la tentazione del ritiro: meglio fermarsi subito, piuttosto che subire un risultato deludente. Ma che dici? Poi cosa racconti? Mi sono ritirata… Bella roba! Scaccio il demone e cerco di non perdere il riferimento di alcuni podisti che corrono sul mio ritmo, qualcuno riesco addirittura a staccarlo, segno che non sono scoppiata del tutto. Quanto manca? I chilometri sono come elastici, si allungano all’inverosimile. Nessun conforto dalle oasi di salvezza: oggi ovviamente i ristori sono presi d’assalto, quindi troppo affollati per me. Dovrei fermarmi, ma poi chi riparte più? Se non altro, il paesaggio offre scorci di notevole fascino – non so però come interpretare il fatto che io riesca ad apprezzare la natura circostante, considerando che, solitamente, quando corro vedo solo la strada davanti ai miei piedi: significa forse che ho smesso di pensare alla gara? Eh no, non rassegniamoci adesso, cerchiamo almeno di dare un senso a tanta fatica. Gli ultimi tre chilometri sono sempre i più critici (a ben pensarci, il 3 è decisamente il mio incubo: non riesco a liberarmene): senti che ormai è fatta, ma quel traguardo non si vede mai. Nel penultimo provi ad accelerare, come sarebbe bello arrivare in spinta, ma i mille metri finali sono come mille frustate: per quante gare tu abbia già terminato, ogni volta ti chiederai come sia possibile che un chilometro sia così lungo. Oh no, sterrato anche il finale! Come sarebbe una volata su questo prato, solcato da un minuscolo sentierino? Fisso il cronometro, che almeno di 3 se ne veda uno solo.

Nessuna buona notizia da comunicare, vado ad affogarmi sotto la doccia – unica goduria della giornata. Non c’è dubbio: le gare con docce a disposizione meritano quattro stelle, a prescindere.

mercoledì 18 maggio 2011

Vatti a fidare dei volantini (a proposito della Camminata Montanara di Vergato)

Due paroline agli ideatori del volantino: “Il percorso si snoda su strade asfaltate” non può avere un significato diverso da quello letteralmente espresso. Vi saranno fischiate le orecchie quando, piantata sul sentiero CAI in mezzo al bosco, non solo ho perso la posizione che avevo appena conquistato, ma ho rischiato di essere travolta e calpestata da tutti i podisti che avevo alle spalle. Preferivo schiattare in salita, piuttosto che rovinare in questo tunnel! Ecco, uno spiraglio di luce e finalmente l’asfalto. E la salita - guai a te se ti lamenti!

Non la immaginavo così dura, questa gara. Mai era rientrata nei miei programmi, anche perché in passato il percorso era diverso, una classica corsa in montagna di 21 km - quindi, da non prendere neppure in considerazione. Ma 15 km “su strade asfaltate” si possono affrontare.

Si continua a salire. Mi preoccupo della mia tecnica, chiedendomi se sto saltellando a vanvera o se invece riesco a proiettarmi in avanti: sento la voce di Jader che, sotto il portico di S.Luca, mi sprona a spingere a testa bassa fino al centesimo metro. E rivedo la tappa di Salina, la vittoria in Val Carlina, la cronoscalata: ricordi di estrema fatica ma di immensa soddisfazione. È questa che devo ritrovare, quale che sia il risultato finale. Correre fino alla fine, ché un solo passo camminato rovinerebbe tutto. Piegata dalla pendenza e dalla fatica, osservo le mie cosce, cercando di individuare i muscoli impegnati nello sforzo: dove sono? Per forza ti stanno davanti, hai visto che gambe hanno? Sono il doppio delle tue! Sarà. Passi sulle prove brevi, passi anche sulle salite, ma nelle lunghe distanze non dovrebbero contare le “dimensioni”: l’Incerti non mi sembra un esempio di possanza. Vabbè, certi paragoni sono fuori luogo. Intanto, una di quelle dotata di cotante gambe è lì ad un passo, non credevo l’avrei più rivista, per lo meno non nella fase ascendente. Mi consolo. Nonostante mi fossi sentita una vera schiappa di fronte alle mie compagne, capaci di spendersi in due gare al giorno, constato che non sono la sola a soffrire l’interminabile salita: anzi, sto recuperando rispetto a chi, su simili percorsi, è indubbiamente più forte. Faccio il pieno di grinta e punto l’obiettivo. Il tracciato mi aiuta: siamo ormai in cima, fate largo che prendo il volo! Discesa impegnativa, non c’è che dire, ma non tocco i freni, incurante dell'incessante diluvio. Circa 5 km così lanciati non sono pochi, e mettono a dura prova la tenuta delle esili leve. Qualche tratto pianeggiante o nuovamente in salita spezza il ritmo: cambio pericoloso, che però affronto senza scosse. Solo in prossimità dell’ultimo chilometro mi trovo in difficoltà: pendenza da panico, fortunatamente solo per un centinaio di metri. Poi l’ultima apnea, fino al traguardo.

Ho dato tutto, come mi avevi chiesto. Adesso ho tanto freddo, portami a casa..

domenica 8 maggio 2011

Black out a Fornace Zarattini

I risultati delle ultime prove e quelli dei più recenti allenamenti mi avevano illusa. Ma una settimana in cui lo sconforto ha fatto da padrone non poteva che concludersi con una prestazione disastrosa.
 
Esattamente ciò che ci voleva per sprofondare ancora più in basso: è proprio vero, al peggio non c’è mai limite. Credi di vedere una luce in fondo al tunnel, speri di poterti riappropriare delle piccole cose che sembrano alla portata di tutti tranne che alla tua, assapori nuovamente il gusto di quella banale normalità che tanto ti manca. Invece… Certo, superficialità e opportunismo non dovrebbero più sorprenderti, ma risulta difficile non vacillare di fronte ad un futuro sempre più sfocato.

La gara, dicevamo. Una pessima gara. La classica giornata no, può succedere. Mettici il vento, per buona parte contrario (il mio incubo fisso), mettici queste scarpe nuove che vorrei buttare nella spazzatura (una volta che mi trovo bene con un modello, questo diventa introvabile), mettici anche qualche carico di troppo: ce ne sarebbe abbastanza per giustificare lo scadente risultato. L’insoddisfazione è comunque alquanto condivisa: i tempi, in generale, sono piuttosto alti – come si dice, mal comune… Insomma, cancelliamo tutto o cerchiamo di calamitare, dal pagliaio, qualche ago positivo? Vediamo: sono arrivata alla fine, nonostante già dal sesto chilometro avessi capito che non giravo affatto; ho effettuato un sorpasso godendo più del solito (piccola vendetta); sono stata premiata sul palco. Seppelliamo pure questa controprestazione, senza però accantonare l’obiettivo: continuando a crederci e, soprattutto, resistendo alla furia degli eventi. Pare sciocco accanirsi nella corsa quando tutto va a rotoli, ma se rinunciassi anche a questa insanabile passione finirei con l’impazzire.

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