venerdì 26 ottobre 2007

NY

Dovrei pensare che, dopo cinque anni, non succede niente se stavolta resto a casa. Dovrei ricordare tutti i miei discorsi su quanto sia brutta e insignificante quella città. Dovrei concentrarmi sul fatto che, finalmente, riuscirò a correre dove prima era impossibile, a causa della stretta vicinanza di date. Invece…
Invece la data si avvicina e io comincio a provare un certo magone. Mi sembra così strano non dovermi preoccupare di valigie, abbigliamento, accessori da ricordare; non dovermi informare su alberghi, eventi, clima. Immaginavo che tutto questo mi sarebbe mancato, ma non così tanto. Chissà se questa malinconia è tra le cause dello strano sogno che ha animato la mia notte.
Ero in viaggio con Jader, un viaggio di quelli che sogniamo da sempre, in uno di quei paesi trascurati dal turismo di massa. Poteva essere l’Afghanistan o l’Iran, ambiente aspro e roccioso, ospitati in una casa di abitanti del luogo, con la signora che preparava i pasti e io che sistemavo lo zaino. Poi in un pullman su strade di montagna, panorami simili a quelli dell’alto Atlante, destinazione ignota. Io mi chiedevo come fossimo finiti lì, quando in realtà avevamo altri programmi. Mi rimproveravo per non avere pianificato il viaggio con maggiore precisione e, d’improvviso, mi rendevo conto che avevo lasciato a casa il passaporto: possibile una simile dimenticanza? Dovevamo rivolgerci al consolato, rischiavamo di non riuscire a tornare a casa…

Beh, non ho sognato New York, ma credo che qualche attinenza ci sia. Intanto, per assaporare un po’ quello che non proverò, mi sono preparata i muffin! In fondo, sono ben poche le cose per cui valga la pena sorvolare l’oceano, e i muffin sono tra queste. Se ne trovano di ogni sapore e dimensione, morbidi e profumati, la migliore coccola del mattino. Altro elemento unico e inimitabile: il cappuccino di Starbucks. Insultatemi pure, ma cappuccini così non si trovano in nessun altro luogo al mondo! Cos’altro? Beh, l’unica vera perla della città, il Central Park, dove è facile correre all’infinito perdendo il senso dell’orientamento. E poi, ovviamente, la sola vera ragione che renda New York così unica – ma questa non ha bisogno di essere descritta, no?

mercoledì 24 ottobre 2007

Dichiarazione d'amore

Pioggia insistente.
Questo grigiore, si sa, alimenta gli animi malinconici, quelli che amano raggomitolarsi su se stessi lasciando il mondo all’esterno. Come i gatti…
Ecco dove vorrei essere adesso: immersa in un libro, con Cleopatra sulle gambe.
È sorprendente. Nonostante il mio amore per gli animali sia viscerale, nonostante abbia già vissuto con gatti, a casa coi miei, non credevo che un simile esserino potesse avere tanto potere su di me. Quando la accarezzo, le vibrazioni delle sue fusa mi trasmettono un senso di benessere che non ha eguali, come se il languore al quale si abbandona fosse contagioso: in realtà, non so chi delle due tragga più piacere da queste coccole. I suoi gesti e i suoi atteggiamenti, i suoi versi e i suoi sguardi sono continue sorprese, una vera meraviglia. La guardo e mi chiedo come abbia potuto stare tutto questo tempo senza di lei. Non avrei potuto ricevere dono più bello. Allieta i miei pensieri così come anima la mia casa, con lei tutto è più colorato e sorridente.
Spero che lei senta tutto questo amore. Spero che anche lei, con noi, sia felice.

martedì 23 ottobre 2007

Punto!

Secondo il mio “coach”:
gli ultimi allenamenti rivelano una condizione di efficienza che, domenica, dovrebbe tradursi in una prestazione molto vicina al mio tempo migliore
per ottenere però una performance da record, avrei bisogno di altre tre settimane di allenamento.

Punto 1: non per essere la solita pessimista, ma questi brillanti riscontri io non li vedo proprio. È vero che le cose vanno migliorando, ma da lì a dire che potrei correre ad un ritmo superiore a quello tenuto sinora. Temo di avere svolto tanta corsa lenta e pochi ritmi allegri, più quantità che qualità e sostanzialmente nessun allenamento impostato sul ritmo maratona. Insomma, ho come l’impressione che l’aver cambiato metodologia di preparazione non abbia portato grandi frutti, per quanto la principale responsabile dei miei risultati non possa che essere io stessa.

Punto 2: questa pulce nell’orecchio proprio non ci voleva! Io già mi consideravo in letargo dal prossimo lunedì, mentre ora sono stuzzicata dall’idea di riprovarci e Firenze mi gira in testa. No, no, no!!! Non devo assolutamente pensare al dopo: concentrazione fissa solo ed esclusivamente su domenica, perché deve essere e sarà una grande giornata. Punto.

lunedì 22 ottobre 2007

Ultimi giorni

Ultima settimana di lavoro prima di una sosta rigenerante.
Sono tesa, preoccupata, eccitata? Non lo so… Davvero, non saprei definire il mio stato d’animo. Oserei dire che sono abbastanza serena, ma cosa in realtà bolla nel mio inconscio resta un’incognita. Non so cosa aspettarmi, non so cosa potrò dare: troppe incertezze, troppe lacune, troppi dubbi in tutti questi mesi. Difficile ricostruire il puzzle di una preparazione frammentata e altalenante. Solo una cosa è certa: devo lavorare di più sull’aspetto mentale, e credere di più in me stessa. Già. Come se fosse facile, per chi l’autostima a malapena sa cosa sia…
Questo freddo, poi, adesso proprio non ci voleva. Ieri mattina sono tornata dall’allenamento con le mani assiderate, non riuscivo nemmeno ad aprire la porta di casa, i guanti di cotone non sono più sufficienti. Che tristezza, in appena una settimana si è passati dalla canotta alle maniche lunghe, e presto svanirà il segno dell’abbronzatura – abbronzatura esclusivamente da podista (segni short-top-calzini), non avendo mai visto la spiaggia!

Ieri ho guardato Carpi in tv, quasi salto sulla sedia nel vedere Stefano! Accidenti, e chi lo sapeva? Non ho invidiato chi partecipava, non con quel clima. Ho anzi rivissuto, in un flash, l’esperienza traumatica dello scorso anno. Dopo un po’, però, sono stata assalita da un’ondata di nostalgia: i brutti ricordi sono stati scalzati da quelli felici di tre anni fa, quando corsi su quelle strade con immensa soddisfazione. Ed ho deciso che lo vorrò rifare, lo rifarò, magari alla prossima edizione. Resta però un groppo che si sta raggomitolando dentro di me con intensità crescente. Sento cioè la data di New York che si avvicina, e io, per la prima volta dopo cinque anni, non ci sarò. Quanto mi mancherà lo appurerò con precisione il 4 novembre. Quel pomeriggio farei meglio ad andare al cinema…

venerdì 19 ottobre 2007

previsioni...

Ahi ahi, gelo alle porte! Non poteva aspettare ancora una ventina di giorni?...
Meglio che non mi agiti, il 28 è già qui e, davvero, non vedo l’ora che arrivi quel giorno. Succede quando la data si avvicina: ormai non se ne può più dei soliti allenamenti, quello che è fatto è fatto e si vuole solo gareggiare. Ho davvero voglia di correrla, quella maratona, mi sento bella carica.
Non sarà la mia migliore prestazione, sicuramente non sarò soddisfatta, ma la finirò nel migliore dei modi attualmente possibili, per poi azzerare tutto e pensare al 2008 – che deve essere un grande anno.
Dovrò cambiare alcune cose, farò una revisione generale per partire sicura e positiva. So che posso ottenere ancora grandi soddisfazioni, dipende solo da me!

lunedì 1 ottobre 2007

"I suoi chilometri senza fine"

N. 276 - OTTOBRE 2007

Passione, amicizia, curiosità: sono questi gli elementi principali della formula che ha trasformato una semplice podista in un’atleta di alto livello.
Passione, ovviamente, per la corsa. Un amore che Roberta Monari, classe 1969, coltiva sin da quando, bambina, cominciò a seguire i passi del fratello Roberto, atleta delle Fiamme Gialle.
Correre senza obiettivi, senza limiti, senza altre ambizioni se non quella di continuare a correre. Piacere puro, spensierato, quasi ingenuo. Perché le gare, i traguardi e i trofei non sono altro che satelliti orbitanti attorno al fulgore di un gesto fatto di passi, respiri e orizzonti – sia fisici che mentali.
Una società sportiva di fiducia – per Roberta, il G.S. Pasta Granarolo - oltre a concedere sostegno e stimoli, offre opportunità di crescita e occasioni per misurarsi, con se stessi e con i compagni. Sempre con animo leggero, perché ciò che conta è appagare con entusiasmo l’istinto naturale della corsa. E quale migliore concentrato di euforia di quello che vivacizza l’atmosfera delle competizioni? Per quanto ognuno sia proiettato verso il proprio personale obiettivo, nonostante chiunque possa essere visto come potenziale avversario, empatia e comprensione avvicinano tutti i concorrenti. Basta poco per intendersi, per solidarizzare, per tessere un legame. Come quello che si è intrecciato tra Roberta e Katia: un’amicizia nata dalla corsa e saldatasi nella vita. Ma non solo. Katia Bianchini ha trasmesso a Roberta preziosi tesori: la sua brillante esperienza nel mondo dell’atletica (dove vanta, tra i tanti riconoscimenti, la vittoria alla Vigarano Marathon del 2005), e la sua forte determinazione. Grande amica e valida allenatrice, dunque. E i risultati possono ritenersi davvero sorprendenti.
Forse la più sorpresa è proprio Roberta, che per anni aveva corso senza la consapevolezza di quanto ampio potesse essere il suo margine di miglioramento. Con un più razionale metodo di allenamento e un più maturo approccio alle gare, le sfide si sono fatte ulteriormente allettanti. Sfida anche con se stessa, perché ora Roberta è curiosa di scoprire fino a dove potrà arrivare.
Con il secondo posto conquistato nell’ultima edizione della 100 km del Passatore (in 8h58’), ha automaticamente guadagnato anche la maglia azzurra, da indossare ai Campionati Mondiali della medesima distanza.
- Ho sempre avuto una predilezione per le lunghe distanze. Di “Passatore” ne ho già corsi sei, partendo sempre con un’ amica, che regolarmente staccavo dopo Marradi.
Sorride emozionata, ancora incredula dei successi che fioccano e delle attenzioni che la stanno abbracciando. Abbiamo deciso di incontrarla nel luogo che, a Bologna, funge da quartier generale per gli appassionati di ultramaratone: il negozio di Vito Melito, grande campione e generoso divulgatore di consigli e suggerimenti. E quale occasione più ghiotta per esprimersi al meglio, avendo davanti a sé un nuovo talento e la sua preparatrice? Mentre Katia e Vito si confrontano su tecniche e metodologie, cerchiamo di carpire da Roberta qualche segreto.
- Nessun segreto. Mi piace correre, ed è ciò che faccio da sempre. I recenti successi li devo soprattutto a Katia, che mi chiese di preparare insieme a lei la maratona di Ferrara del 2005: lei vinse e io arrivai terza. Da lì in poi, fu tutto un crescendo: dal 2h59’ all’ultima maratona di Firenze ai 73,320 km nella Sei ore di Seregno, fino al Passatore…
Verrebbe da pensare che simili risultati siano il frutto di allenamenti massacranti, di intere giornate trascorse a macinare chilometri, invece:
- Sono caporeparto in un’azienda metalmeccanica, mi alzo tutte le mattine all’alba per andare al lavoro e posso dedicarmi alla corsa solo verso sera. Non è che resti molto spazio per fare altro, ma io sono un tipo tranquillo e correre mi appaga a sufficienza.
Nessun’altra passione, dunque?
- Beh, confesso di avere un debole per i tatuaggi. Il decimo, fatto insieme a Katia, è dedicato ai Campionati Mondiali della 100 km.
Non chiediamo cosa rappresenti, senz’altro Roberta starà già pensando al prossimo.
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