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domenica 4 marzo 2012

lunedì 27 luglio 2009

De Andrè canta De Andrè


Amo il silenzio. Non sono una di quelle persone che necessita di sottofondo musicale per qualsiasi attività. Condivido anzi le osservazioni di Umberto Eco a proposito dell’inquinamento acustico, quel "bagno amniotico che svilisce la musica "e ci perseguita negli aeroporti, nei bar e nei ristoranti, negli ascensori…”
Esistono però alcune eccezioni, note che sanno penetrare nelle mie fibre facendole vibrare, suscitando turbamenti di rara intensità. Pochi gli autori capaci di scatenare in me simili effetti, pochissimi quelli per i quali oso affrontare la folla di un concerto dal vivo.

Vidi Fabrizio De Andrè a Modena, credo fosse il 1991. Era da poco uscito Nuvole, ma io non lo avevo ancora assimilato. Conoscevo poco di lui, non avevo ascoltato altro oltre a quanto inciso nello storico concerto con la PFM: quel poco era stato sufficiente a farmelo amare, ma non fu abbastanza per farmi godere appieno lo spettacolo. Anche a causa della febbre che mi aveva colpito quella sera, non riuscivo ad entrare in canzoni per me nuove. Indispettita con me stessa, mi preoccupai di colmare le lacune della mia ignoranza.

Ero già pronta ad acquistare i biglietti per il concerto di Fabrizio a Bologna, nel settembre del 1998. Peccato che la data fu annullata. Il gennaio seguente lui scomparve.
Difficile accettarlo. Difficile concepire che una simile voce non esista più, che un tale poeta non possa più esprimersi, che quel genio non abbia più occasioni di sconvolgere, emozionare, provocare.
Pullulano tributi e riconoscimenti, omaggi e celebrazioni: ne condivido lo spirito e l’intento, ma percepisco come oltraggi tutti i tentativi di riprodurre le sue canzoni. Sfregi ad un’opera d’arte. Tutti, tranne uno: l’unico che possa cantare De Andrè è…De Andrè. Cristiano è il solo che abbia i requisiti per poterlo fare. Non avessi avuto questa certezza, non avrei certo acquistato i biglietti per il suo concerto a Parma. L’intensità della serata è però stata al di sopra di tutte le mie aspettative. Quante canzoni mi hanno fatto piangere, senza altra ragione che non fosse insita nel valore della canzone stessa? Non saprei dire. Cristiano, però, sabato sera ci è riuscito per almeno due volte.
Suoni limpidi e vibranti, voce calda e potente: uno colpo che non ti aspetti, Fabrizio è rinato.

Ho visto Nina volare tra le corde dell'altalena, un giorno la prenderò come fa il vento alla schiena. Come fa il vento alla schiena: non è incantevole? Chi era quel “mostro” in grado di elaborare siffatte costruzioni?
Sulle note di Verranno a chiederti del nostro amore crollo definitivamente. La forza del testo, il coinvolgimento dell’interpretazione, il pensiero che nulla di così grande potrà tornare.
C’è qualcosa di sublime in questo concerto. Mi sorprende e mi ferisce: come tutte le più belle cose, vivono solo un giorno…

domenica 27 luglio 2008

Concerto dei REM



Due ore di energia pura. Elettrizzante, travolgente, ammaliante. E tremendamente seducente. Ne ero certa, mi erano bastati i pochi attimi rubati dalla TV per cogliere il carisma di Michael Stipe, per essere catturata dal suo magnetismo: sapevo che, dal vivo, mi avrebbe tramortita. La musica, del resto, è già una garanzia. Ma non basta un ottimo repertorio a creare un grandioso concerto, occorre essere padroni del palcoscenico e saper catturare il pubblico.
Onestamente, non so nemmeno chi siano gli altri componenti dei REM, né conosco alla perfezione tutte le loro canzoni. Ma che importa? Sono rimasta a bocca aperta per l’intera durata del concerto, con l’unico rammarico di essere troppo lontana per godermelo appieno.
Dalla mia comoda postazione in gradinata avevo sì un’ottima visuale del palco, ma lui era davvero troppo distante per cogliere le sfumature della sue performance e, soprattutto, per leggere le espressioni del suo viso. Quanto ho invidiato quelli in prima fila, nel parterre, soprattutto quando hanno potuto toccarlo, proprio durante l’esecuzione di Losing my religion…

Quanto tempo è passato da quando anch’io rischiavo di finire soffocata pur di guadagnare la transenna sotto al palco…
La prima volta avevo 18 anni. Arrivai in stazione a Firenze verso le 7,30 di mattina e gli autisti dei bus guardarono straniti quella ragazzina che chiedeva quale linea portasse allo stadio. Pochi mesi dopo rividi lo stesso concerto a Torino, stavolta accompagnata da un amico disposto ad assecondare i miei deliri. Ricordo poi l’attesa a Milano, sotto il diluvio, e il concerto interrotto a Modena. A Bologna fu forse il meno emozionante, ma solo perché non stavo tanto bene. Poi fu a Pistoia, quindi a Lucca. Tutte le volte, stessa allucinante trafila per poterlo vedere da vicino, magari sfiorarlo o raccogliere qualcosa dalle sue mani (da qualche parte conservo un suo plettro). Ne è sempre valsa la pena e, forse, lo rifarei anche domani. Confesso però che spero non si ripresenti l’occasione: oltre a rischiare di apparire ridicola, non so se adesso sarei in grado di affrontare un simile stress. Tanto David lo sa comunque che amerò sempre e soltanto lui…
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