martedì 21 settembre 2021

Surgery - Day 4

Metto il naso fuori di casa per la seconda volta, da quando sono stata dimessa. Può essere che sia scarsa di tecnica, ma avanzare con una gamba e due stampelle mi procura una notevole fatica. Temo inoltre di essere eccessivamente tesa, manco di sicurezza: in sostanza, ho paura di cadere. Ostento tuttavia un’improbabile spigliatezza: va tutto bene, non ho bisogno di nessuno. Ovviamente è una mezza verità, alla quale mi aggrappo per abituarmi ai prossimi giorni, quando davvero dovrò arrangiarmi. Sarebbe utile smettere di misurare quanto tempo sia trascorso, essendo ancora troppo lontana la meta – e tremendamente infestato di dubbi il tragitto.

La monotonia delle giornate non può che alimentare il malumore.  È vero che si fa sera sempre prima, ma le lancette dell’orologio sembrano muoversi a rallentatore. Un po’ come me, del resto. Col mio passo da bradipo (zoppo), sono comunque riuscita a superare brillantemente un’ulteriore prova: ho salito le scale in completa autonomia. Mano destra sul corrimano, sinistra sulla stampella: forza sulle braccia e salto con un piede; sosta ogni due/tre gradini per spostare in alto la seconda stampella. Si può fare! A questo punto provo ad esagerare. Infilo la seggiola di plastica nel box doccia e mi ci siedo. Col gambone steso all’esterno, mi bagno, insapono e risciacquo con immenso piacere. La parte più complicata è rialzarsi e infilarsi l’accappatoio ma, seppur con qualche brivido, nulla è impossibile. Asciugata, rivestita e tornata di sotto: tutto da sola. Dai, dimmi almeno che sono stata brava.


La sera mi ritrovo in compagna soltanto di Cleopatra. Ci sistemiamo entrambe davanti alla tv, sono finalmente tornati I bastardi di Pizzofalcone – ebbene sì, in un mondo drogato di “serie”, io ne seguo solo qualcuna sulla Rai: mi risultano perciò incomprensibili molte discussioni di tendenza, ma non ne sono affatto preoccupata. Fuori, intanto diluvia, e Jader tarda a rientrare. Non che lo aspettassi per un preciso orario ma, devo ammettere, speravo tornasse in tempo per aiutarmi a salire in camera da letto. Invece, spengo tv e luci in sala e affronto nuovamente la rampa in modalità un due tre stop. Passaggio in bagno, poi si chiudono scuri e finestra e si sistema il piedone sul cuscino. Il sonno impiega sempre troppo tempo a raggiungermi, temo che non mi abituerò mai ad una casa così sorprendentemente rumorosa. Ogni volta mi chiedo quale potrebbe essere la soluzione, restando ovviamente senza risposta. E il sogno dell’isola che profuma di zolfo anima la mia inquietudine.

 

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