domenica 19 settembre 2021

Ritorno al calcagno - Day 2

 

Cominciamo a capire fino a dove posso spingermi senza assistenza. Jader è uscito prestissimo, a caccia di podisti da fotografare. Dovrò quindi alzarmi dal letto senza barcollare (i primi movimenti sono i più critici, l’ho realizzato andando in bagno nel pieno della notte: equilibrio oltremodo precario, incedere instabile, necessità di appoggiarsi al muro), aprire gli scuri della finestra, raggiungere la stanza accanto e compiere le indispensabili operazioni di toilette. Per poi affrontare le scale. In realtà, scendere non è un problema, risulta abbastanza agile sostenendosi sul corrimano a sinistra e sul muretto parallelo a destra. La parte più antipatica è la gestione delle stampelle, che sembrano fatte apposta per rifiutarsi di restare appoggiate. Ogni due o tre gradini le devo spostare più in basso, finché regolarmente cadono, per rotolare in fondo alla rampa. Sarebbe utile disporne di due paia, uno su ogni piano. Ma tant’è, ci si industria come si può.

Bisogna poi mettere qualcosa nello stomaco: uno sforzo in condizioni ottimali, figurarsi in questo stato di infermità. Nulla è a portata di mano, anche preparare un tè è un’impresa. Saltello da una mensola all’altra, sostando su uno sgabello quando possibile. Ho comunque escogitato un sistema per non essere costretta a mangiare sulla cucina: una sosta di staffetta. Prima appoggio il piatto sullo sgabello, poi sulla mensola, poi sulla sedia e da lì finalmente in tavola. Se non altro, mi tengo in attività. Perché il resto della giornata trascorre tra la sedia e il divano. Essendomi lasciata abbindolare dal tecnico dello staff del primario, ogni due ore circa mi attacco al piede l’aggeggio per la crio-magnetoterapia. Servirà a qualcosa? Chi può dirlo? Di certo contribuisce a far passare il tempo. Piedone fasciato, gatto accoccolato, libro in mano: sembra tutto molto rilassante. Se non fosse che assimilo nemmeno la metà di quanto leggo e dopo un po’ non riesco più a star seduta da nessuna parte. La mente vaga in tutte le direzioni e le membra lanciano altrettanti segni di insofferenza. Forse, per quanto riguarda l’impegno intellettuale, avrei dovuto optare per qualcosa di più leggero. Ho deciso, invece, di abbandonare temporaneamente la biblioteca per dedicarmi alla mia libreria, appena messa in ordine. Sono troppi i libri ancora da leggere, ci sarà pure una ragione se sono stati acquistati. Così ho preso in mano il primo tuttora intonso, fermamente decisa a portarlo a termine. Sono più di seicento pagine, quale momento migliore per buttarsi su un simile tomo? E comprendo che potrebbe essere affascinante, preso con lo spirito adatto. Il mio, di spirito, in questo frangente non sarebbe adeguato neppure a Topolino, quindi continuo a leggere senza leggere, accontentandomi di quel po’ che riesco ad assorbire. 


La prima esperienza solitaria è filata abbastanza liscia. Sono anche riuscita a pulire la lettiera di Cleopatra. Non ho però trovato il coraggio di salire in camera, ma arriverò anche lì. Anzi, potrei cronometrare quanto impiego ad affrontare i diciannove scalini, così da monitorare i miglioramenti. Magari salvo il segmento.

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