Impulsi, slanci, amori, intensità,
svagatezza appassionata fanno d’un uomo un malato. Quanto tempo potrò
sopportare queste percosse interiori? La parete frontale di questo corpo s’abbandonerà.
La mia vita intera che batte contro i propri limiti, e l’impeto di desideri
inibiti che ritorna in forma di veleno lancinante. Male, male, male… Frenetico,
caratteristico, estatico amore che si trasforma in male. (Saul Bellow)
Quando
dicevo che i libri ci chiamano e ci rispondono: come non ritrovarsi in questa
irrequietudine? Potrei tappezzare le pareti con le migliori pillole di saggezza,
ma a nulla servirà indossare occhiali rosa se l’ottimismo vive altrove. È per
questo che continuo a pensare che sarebbe stato meglio lasciare le cose come
stavano: per affrontare simili situazioni occorre animo sereno, oltre a fiducia
incondizionata – fiducia negli altri ma, soprattutto, in se stessi. Caratteristiche
che, si sa, non mi appartengono. E se è vero che la testa condiziona ciò che
accade nel fisico, la vedo davvero grigia.
Un’altra
giornata in solitudine, che decido di prendere di petto sin dall’inizio: mi
butto subito sotto la doccia. Ormai ci ho preso la mano, mi gestisco con
discreta disinvoltura. Sono sempre in apprensione, invece, nell’affrontare le
scale, con le stampelle da spostare e gli appoggi che non mi sembrano mai
sufficientemente sicuri. Quanto manca alla liberazione dal gesso? Meglio non
pensarci, non siamo neppure a metà. Divano, sedia; sedia, divano. La crio-magnetoterapia
scandisce le ore, mentre tv, libri e internet creano l’atmosfera. Atmosfera oggi
movimentata dal campanello, che suona più di due volte. Ho così modo di appurare
quanto sia necessario risolvere al più presto almeno un paio dei difetti di
questa abitazione: il cancello che non si chiude e il citofono che funziona
solo verso l’esterno. So che oggi dovrebbero consegnarmi due pacchi, ma chi mi
assicura che quello che suona sia il corriere? Fortunatamente dalla finestra
vedo chi si approssima alla porta, resta comunque una situazione anomala. Presumo
che il primo fattorino abbia lasciato il cancello aperto, visto che il secondo
entra senza nemmeno lasciarmi il tempo di rispondere. Dopo qualche ora, ancora
uno squillo. Non aspetto più nessuno, chi potrà essere? Guardo fuori e vedo il
padrone di casa che vaga in giardino. Arzillo vecchietto, peccato sia già
annebbiato dalla demenza senile. Vuole a tutti i costi appiopparmi una busta
che si è ritrovato in buchetta: peccato che non riporti né i nostri nomi, né il
nostro indirizzo. Come fargli capire che non posso impossessarmene, e tantomeno
sono in grado di andarmene in giro a cercare il corretto destinatario? A forza
di insistere, riesco a liberarmene. Ma che fatica. Perché deve essere tutto
così opprimente? Perché vorrei scappare lontano ogni volta che sento i rumori
dei vicini, oggi particolarmente insopportabili? La salvezza è sull’isola:
dovrà venire quel giorno.
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