Dovrei pensare che, dopo cinque anni, non succede niente se stavolta resto a casa. Dovrei ricordare tutti i miei discorsi su quanto sia brutta e insignificante quella città. Dovrei concentrarmi sul fatto che, finalmente, riuscirò a correre dove prima era impossibile, a causa della stretta vicinanza di date. Invece…
Invece la data si avvicina e io comincio a provare un certo magone. Mi sembra così strano non dovermi preoccupare di valigie, abbigliamento, accessori da ricordare; non dovermi informare su alberghi, eventi, clima. Immaginavo che tutto questo mi sarebbe mancato, ma non così tanto. Chissà se questa malinconia è tra le cause dello strano sogno che ha animato la mia notte.
Ero in viaggio con Jader, un viaggio di quelli che sogniamo da sempre, in uno di quei paesi trascurati dal turismo di massa. Poteva essere l’Afghanistan o l’Iran, ambiente aspro e roccioso, ospitati in una casa di abitanti del luogo, con la signora che preparava i pasti e io che sistemavo lo zaino. Poi in un pullman su strade di montagna, panorami simili a quelli dell’alto Atlante, destinazione ignota. Io mi chiedevo come fossimo finiti lì, quando in realtà avevamo altri programmi. Mi rimproveravo per non avere pianificato il viaggio con maggiore precisione e, d’improvviso, mi rendevo conto che avevo lasciato a casa il passaporto: possibile una simile dimenticanza? Dovevamo rivolgerci al consolato, rischiavamo di non riuscire a tornare a casa…
Beh, non ho sognato New York, ma credo che qualche attinenza ci sia. Intanto, per assaporare un po’ quello che non proverò, mi sono preparata i muffin! In fondo, sono ben poche le cose per cui valga la pena sorvolare l’oceano, e i muffin sono tra queste. Se ne trovano di ogni sapore e dimensione, morbidi e profumati, la migliore coccola del mattino. Altro elemento unico e inimitabile: il cappuccino di Starbucks. Insultatemi pure, ma cappuccini così non si trovano in nessun altro luogo al mondo! Cos’altro? Beh, l’unica vera perla della città, il Central Park, dove è facile correre all’infinito perdendo il senso dell’orientamento. E poi, ovviamente, la sola vera ragione che renda New York così unica – ma questa non ha bisogno di essere descritta, no?
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