Ultima settimana di lavoro prima di una sosta rigenerante.
Sono tesa, preoccupata, eccitata? Non lo so… Davvero, non saprei definire il mio stato d’animo. Oserei dire che sono abbastanza serena, ma cosa in realtà bolla nel mio inconscio resta un’incognita. Non so cosa aspettarmi, non so cosa potrò dare: troppe incertezze, troppe lacune, troppi dubbi in tutti questi mesi. Difficile ricostruire il puzzle di una preparazione frammentata e altalenante. Solo una cosa è certa: devo lavorare di più sull’aspetto mentale, e credere di più in me stessa. Già. Come se fosse facile, per chi l’autostima a malapena sa cosa sia…
Questo freddo, poi, adesso proprio non ci voleva. Ieri mattina sono tornata dall’allenamento con le mani assiderate, non riuscivo nemmeno ad aprire la porta di casa, i guanti di cotone non sono più sufficienti. Che tristezza, in appena una settimana si è passati dalla canotta alle maniche lunghe, e presto svanirà il segno dell’abbronzatura – abbronzatura esclusivamente da podista (segni short-top-calzini), non avendo mai visto la spiaggia!
Ieri ho guardato Carpi in tv, quasi salto sulla sedia nel vedere Stefano! Accidenti, e chi lo sapeva? Non ho invidiato chi partecipava, non con quel clima. Ho anzi rivissuto, in un flash, l’esperienza traumatica dello scorso anno. Dopo un po’, però, sono stata assalita da un’ondata di nostalgia: i brutti ricordi sono stati scalzati da quelli felici di tre anni fa, quando corsi su quelle strade con immensa soddisfazione. Ed ho deciso che lo vorrò rifare, lo rifarò, magari alla prossima edizione. Resta però un groppo che si sta raggomitolando dentro di me con intensità crescente. Sento cioè la data di New York che si avvicina, e io, per la prima volta dopo cinque anni, non ci sarò. Quanto mi mancherà lo appurerò con precisione il 4 novembre. Quel pomeriggio farei meglio ad andare al cinema…
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