Ho accolto la notizia con scetticismo, per non dire
indifferenza. Un altro circo come quello allestito due anni fa a Monza, giusto
per aumentare le vendite di quelle fantascientifiche scarpe – che fanno credere
anche all’ultimo dei tapascioni di poter battere tutti i record. Poi comincio a
dare un’occhiata a qualcuno dei video che promossi da Ineos. Un’operazione di
marketing di tutto rispetto, al fine di rendere l’evento un’esperienza a cui è
impossibile sottrarsi. Al centro di tutto c’è l’uomo, prima che il campione:
più che i primati, le vittorie, le prestazioni straordinarie, ne viene mostrata
l’umiltà, la dedizione, la vita spartana. Una rosa nel deserto. Concentrarsi su
un obiettivo e vivere in funzione di esso, senza fronzoli e senza distrazioni,
lavorando sulle proprie capacità e fondando su di esse una sicurezza
inossidabile.
Sveglia alle 7.30, per essere in perfetto orario davanti
alla TV. Non so cosa aspettarmi, non riesco a farmi un’idea circa il risultato,
né so cosa mi soddisferebbe: un fallimento, per poter credere che il futuro sia
ancora là da venire e tanta strada sia ancora da percorrere, o un successo, per
dare una scossa all’intero panorama atletico e far sognare un po’ noi piccoli
esseri. Di sicuro io, che sono nata nell’anno del primo uomo sulla Luna, ora
sto per assistere a qualcosa di simile.
Le immagini che precedono la partenza assomigliano a quelle
di qualsiasi grande maratona: un manipolo di africani che scalpitano sulla
linea di partenza. Lo sparo apre le danze: con una coreografia perfetta prende
forma lo schieramento che scorta il predestinato verso l’impresa. Sette uomini
in posizioni strategiche scandiscono e riparano un ritmo che sfiora l’impossibile.
Tutto all’interno di una corsia ben tracciata, seguendo un raggio verde
proiettato dall’auto che determina l’andatura. Terminato un giro, con sapienti
pennellate sfumano le prime lepri e si innesta il secondo gruppo: la stessa
geometria, la medesima figura costruita ad arte. Sì, quello che stanno
realizzando questi 41 uomini è un’opera d’arte. Qui non viene sublimata solo la
prestanza fisica: quello che è stato pianificato in mesi di studio è un vero
inno alla bellezza del gesto atletico. Sono incantata dalla perfezione con cui
questi corpi si muovono: e non si tratta solo della tensione dei muscoli o dell’equilibrio
dell’incedere, elementi che si possono ammirare in qualsiasi manifestazione di
alto livello. Ciò che rende unico questo spettacolo è la costruzione armonica
dei gesti. In una sincronia impeccabile, persino le espressioni sembrano
rivelare un ruolo ben preciso: più tesi i volti degli atleti in posizione
laterale, più rilassato quello del capitano che precede Kipchoge. Lui, appunto,
il fulcro di tutta l’operazione. Non lascia trasparire nulla. Cosa starà
pensando? Che cosa passa nella testa di un uomo che sta correndo verso la
storia? Impassibile, quasi come non
respirasse neppure. È umano costui? Poi lo vedi sbuffare e capisci che, forse,
un po’ di fatica la stia provando. Però, nell’ultimo giro, quando ormai il
miracolo ha preso forma, lo vedi attento alle inquadrature: si accorge di
essere inquadrato e sorride. Dico: dopo quasi 40 chilometri ad un ritmo forsennato,
quest’uomo riesce a sorridere! E il sorriso si allarga a mano a mano che si
avvicina al traguardo. Una gioia serena, sicura, intensa. Di chi sa quanto vale
e non ha bisogno di ostentarlo. Alza le braccia e si batte il petto verso la
linea di un nuovo mondo. Il raggio verde si è spento già da un chilometro, gli
angeli custodi sono arretrati: ormai non ha più bisogno di nulla, ormai ha
tutto.
Tutto ciò che c’era di costruito, artificioso, commerciale
dietro a questo evento, cade in secondo piano. Io ho visto solo uno spettacolo
di ineguagliabile bellezza, il capolavoro di un uomo straordinario che ha
saputo coinvolgere ed emozionare. Fino
alle lacrime.
2 commenti:
Una analisi perfetta Valentina. In questi giorni ne ho sentite e lette tante tutte approssimative e molto spesso solo parole al vento di chi non sa neanche cosa sia una maratona.
Ti chiedo se posso condividere il link del tuo blog su FB.
Ciao e buone corse
Grazie Antonio. Certo che puoi condividere, non devi neppure chiedermelo!
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