sabato 25 aprile 2020

Bella ciao!

Da quanto tempo non parli di corsa? Silenzio confuso e imbarazzato. Scaramantico. Temi di riferirti a qualcosa che non ti riguarda più: evocare il passato ti deprime, auspicare al futuro ti incupisce. Fluttui in un limbo di paradossi e contraddizioni: tra la smania di ripartire e il terrore di muovere un passo; da un’esplosione di energia a una ricaduta nel dolore; tra i “vorrei e non vorrei” e i “dovrei ma se poi”. Difficile crederci, dopo che la chirurgia ha peggiorato anziché risolvere, dopo aver visto affondare tutti i tentativi, dopo aver perso anche il piacere di una semplice passeggiata. Fino a quando le risposte paiono finalmente trasmettere il sapore della concretezza. Non sai se la svolta sia generata dentro o fuori di te, e forse poco importa. Fatto sta che sul finire del 2019  hai azzardato alcuni passi di corsa – dopo tre mesi di stop totale, preceduti da tre anni tormentati. Un minuto alla volta, ed è già una grande impresa. Che ansia! Ritrovare un gesto perduto è oltremodo complicato, quello che dovrebbe essere naturale risulta goffo e scoordinato. Sei sicura di essere ancora in grado di correre? Ecco, questo è il tarlo. La paura di volare: il terrore di cadere che ti impedisce di goderti lo spettacolo. L’ansia di ripiombare nell’incubo. Perché il dolore è ancora lì che preme, dovrai rassegnarti a conviverci: dovrai essere tu a dominarlo. Non lasciare che condizioni i tuoi pensieri, che influisca sulle tue azioni, che smorzi la tua vitalità. Prenditi cura di te, coccolati e vivi. Belle lezioni. Più difficile metterle in pratica. Ma non c’è fretta. L’inverno e il freddo non giocano a tuo favore, ma hai imparato ad affrontare le avversità. Riesci ad apprezzare i minimi progressi e a reprimere i sintomi negativi. Frulli entusiasta tra palestra, piscina e corsa. Quasi come un’atleta vera. L’obiettivo punta avanti, verso l’estate e oltre. Ogni giorno un nuovo tassello, fino a completare il puzzle.
Succede poi che, all’affacciarsi della bella stagione, quando i sensi e le sensazioni sono effervescenti e il gusto ha sfacciatamente surclassato la fatica, si presenti un bislacco intruso. Misterioso e infimo. Bastardo. Sparge ovunque morte e angoscia, impossibile non sentirsi minacciati. Tu, poi, che appena senti parlare di una malattia ne avverti subito tutti i sintomi… Proprio quando stavi ricostruendo il tuo percorso con determinazione e continuità, ti trovi a dover fronteggiare nuove ansie. Proprio quando il dolore sembrava non ricordarsi tanto bene di te, ti costringono a fermarti. Perché questo virus, oltre i polmoni, infetta anche le menti. Un delirio collettivo, un diffondersi repentino di astio e prepotenza, una caccia irrazionale al colpevole, al trasgressore: al capro espiatorio. Le istituzioni spargono a oltranza ordinanze e decreti raffazzonati e ambigui, alimentando lo sbando totale dell’opinione pubblica. Correre diventa un atto criminale. Come se il tuo passo solitario e il tuo respiro, lontano da tutto e da tutti, potessero danneggiare chicchessia. Come se la tua passione, dettata da amore per il corpo, per la mente, per la salute, fosse un vizio oltraggioso e irresponsabile. Certo, molto meglio schiamazzare sui balconi, cucinare e ingozzarsi all’inverosimile, accalcarsi al supermercato. Molto meglio dar sfogo alla violenza repressa, vomitando sui social accuse e aggressioni - ma sempre con l’hashtag adeguato.
A te, che di social hai decisamente poco (per non dire nulla), questa quarantena disturba relativamente. Evitare l’ufficio, anzi, è un toccasana. Quanto a frequentazioni, incontri, aggregazioni: non partecipavi neppure prima. Ma rinunciare alla corsa sì, questo ti pesa. Non perché avessi chissà quali ambizioni, nemmeno perché stavi giusto cominciando ad ingranare. Semplicemente perché non ha alcun senso. Hai trascorso anni cercando di comprendere la ragione che ti impediva di risolvere il tuo problema, ora che hai trovato un bandolo non puoi tollerare limitazioni dettate da assurdità. Quindi, allacciati le scarpe e vai. Attorno a casa, d’accordo, nel raggio di quella ridicola prossimità che hanno imposto, avanti e indietro come una scheggia impazzita. Per non impazzire. Nell’attesa di una normalità che in fondo non è mai esistita. Del resto, al futuro incerto sei abituata.


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