Mi si nota di più se vado e non mi piazzo, o se resto a casa
e realizzo che avrei potuto piazzarmi? Sì, ma quante possibilità ho? Il calcolo
delle probabilità è a mio sfavore, e l’idea di guidare un’ora per correre 6
chilometri non alletta molto. Però, qual è l’alternativa? Tentare una corsa
solitaria, col rischio di fermarmi a ripetizione per il dolore, oppure
partecipare alla camminata domenicale, col sorriso di circostanza di fronte ai
tanti come stai. Domenica rovinata in
entrambi i casi. Certo che, anche andare fino là per un pugno di mosche…
Insomma, mai una volta che prendi una decisione senza se e senza ma. Vai a
quella cacchio di gara, somara! Ne avessi corsa almeno un’altra, il podio del
trofeo sarebbe assicurato. Così invece puoi solo sperare in magico incrocio di
evenienze: un numero al lotto, perché la tua condizione non ti concede nessuna
certezza. Nemmeno quella di riuscire a completarli, quei miseri sei chilometri.
Puoi solo fare affidamento sulla santa adrenalina, grazie alla quale dolori e
affanni vengono ridimensionati – mentre nei pochi e maldestri allenamenti danni
fisici e turbe mentali incombono come mannaie, aggravando ogni minuto di corsa.
Esasperante.
Due giri, non mi piace: non amo tornare sui miei passi,
preferisco l’andata e ritorno, vedere l’arrivo solo alla fine. Partenza imbottigliata,
strade strette, curve e ricurve. Scalpito. E mi innervosisco. Il primo
chilometro è decisamente lento, e le mie avversarie sono tremendamente lontane.
Che poi, quali sono le mie avversarie? Non so proprio con chi mi stia giocando
il terzo posto e, onestamente, preferisco non saperlo. Ho risorse limitate, che
gestisco a fatica. Questa distanza, poi, per me è un’assoluta incognita. Non così
corta da permetterti di sparare tutto e subito, né così lunga da consentirti giochi
tattici. Senza contare il fatto che io, quanto a tattica, sono sempre stata una
schiappa. Domenica scorsa sono partita come un razzo, per poi pagarla nel
finale. Oggi, con l’intasamento, ho da subito tirato i freni, ma poi? L’aria è
decisamente fredda, troppo per i miei
gusti. Rispetto ad una settimana fa, mi sento più impacciata. Cerco di curare l’andatura
- piedi gambe braccia, controlla! Sarebbe bello sciogliere le briglie nel
secondo giro, è così che si dovrebbe fare. Se solo avessi più chilometri nei
miei muscoli, se solo avessi potuto allenarmi decentemente…succederà mai? Non è
il momento, nessun dubbio è ammesso ora: ora l’imperativo è spingere al massimo
fino all’ultimo metro. Insomma, più o meno. Impegnarsi, dai: che non si dica potevi fare meglio.
Sarebbe bello se, a giochi conclusi, si potessero consultare
le classifiche. Invece no, tocca assistere alla premiazione di tutte le
categorie, dai neonati agli anziani. Naturalmente, le vecchie sono le ultime ad
essere considerate. A teatro ormai svuotato, apprendo che potevo tornarmene a
casa subito. Pazienza. Ci ho provato, no? Vado a sfogarmi un po’ sulla
cyclette, meditando sul da farsi nei giorni a venire. Senza un obiettivo mi manca
la motivazione; senza uno stimolo mi manca la forza di sfidare il dolore. Rischio
di spegnarmi proprio quando la stagione va accendendosi. Reagisci!
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