Li riconosco
al primo sguardo, non appena mettono il naso fuori dal traghetto.
Individuo subito chi merita di calpestare la mia terra, e chi
invece farebbe meglio a tornare da dove è venuto. Naso arricciato, fronte
aggrottata, pugni serrati sul manico del trolley: siete ancora in tempo a fare
dietro front, risalire a bordo e sbarcare alla
prossima isola. Sopracciglio alzato, occhi sgranati, viso illuminato e
smanioso di essere accarezzato dall’aria: siete arrivati, questo è il vostro
posto. Lo leggo nel vostro incedere incerto e curioso, nel vostro silenzio
gonfio di sorpresa, nel vostro respiro intenso e riconoscente. Siete
frastornati, non riuscite a dare un nome a quel formicolio, a quella sensazione
che è tanto nuova quanto antichissima, a quello stupore che poi tanto stupore
non è. Ci siamo appena incontrati, ma è come se ci conoscessimo da sempre. Non
è così che si definisce il classico colpo di fulmine? Lo so, c’è qualcosa di
malvagio nel mio carisma, impossibile restarne indifferenti: io per primo non
tollero l’indifferenza. Potete odiarmi,
ma non trascurarmi. Siete qui perché mi avete scelto: o perché io ho scelto
voi. Voi che adesso siete in mio possesso: non lo sapete ancora, ma non vi
libererete più di me. La mia luce dilaterà le vostre pupille, le renderà
estremamente sensibili ai riflessi, alle ombre, ai chiaroscuri: non potete
immaginare quante sfumature si staglieranno al vostro orizzonte, quanti colori
si alterneranno nelle ore che scandiscono giornate mai uguali. Questo azzurro
potrebbe all’improvviso mutare in grigio, questo grigio fiorire d’un tratto in
giallo, questo giallo adombrarsi di marrone. E il nero, l’avete mai visto tanto
luminoso? Vi siete mai tuffati nell’oscurità, vi siete mai immersi nella sua
trasparenza? Il sole non si limiterà ad asciugare la vostra pelle: scaldandola,
allargherà i vostri pori, così che possa insinuarsi in essi la mia essenza.
Penetrerò in voi, col mio odore, con le mie sostanze, con la mia natura. Mi
respirate, mi assaporate, sono parte di voi.
Zolfo. Amo questo odore. E questi fumi che sbottano
dalle rocce, dalla terra, dal mare. Forse è il demone che è in me a rendermi
così succube al fascino di quest’isola. Come avessi sigillato un patto col
diavolo: o con una divinità. Vulcano mi ha rapita, ha esercitato su di me un
incantesimo, ha fatto di me una sua creatura. E adesso? Adesso come faccio a
voltargli le spalle? Spezzare la magia è terribilmente rischioso, si può finire
col perdere l’equilibrio, se non addirittura smarrire il senso della realtà.
Ammesso che esista una realtà: che si abbia la certezza di saper distinguere
tra vita vissuta e vita sognata. Perché io sono sicura che, anche a migliaia di
chilometri da qui, mi capiterà di avvertire certi aromi: annuserò come un
segugio, perché avrò bisogno di questi effluvi per ricaricarmi. L’energia
primordiale che ribolle sotto la crosta di questa terra si trasmette nel corpo,
attraversa le fibre e le elettrizza: perciò non posso allontanarmi troppo a
lungo, senza ricaricare le batterie si finisce con lo spegnersi
lentamente. Devo respirarti, Vulcano.
Devo viverti. Perché una volta che sei arrivato qui, non esiste più un altrove.
1 commento:
Un post che ha il "gravissimo difetto" di incuriosire e far condividere la tua passione per questi luoghi.
Go Vale, go
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