mercoledì 18 settembre 2013

Giro podistico a tappe delle Isole Eolie

La sicurezza è una caratteristica che non mi appartiene: posso nutrire delle speranze, ma non ostenterò mai alcuna certezza. D’Annunzio mi incanta, ma è Leopardi a toccare le mie corde più profonde: potessi naufragare dolcemente in questo mare…
Ho sfiorato qualcosa più grande di me, per quattro giorni ho goduto l’ebbrezza di un traguardo che avevo sempre ritenuto irraggiungibile. Poi, come un birillo, sono caduta da quel gradino, per una concomitanza di fattori è accaduto ciò che sembrava matematicamente impossibile. E tutti, dopo la prima controprestazione, a chiedermi cosa mi fosse successo. Vorrei tanto saperlo: vorrei individuare la causa di quell’affanno, di quell’incapacità di reagire, di quello spegnimento progressivo, giro dopo giro. Peggio dell’anno scorso, quando ero infortunata. Staccata di un minuto, in nemmeno 6 km: colpita e affondata. Partenza troppo brillante (al primo giro avevo un bel vantaggio), paura del lastricato bagnato, energie in calo (le mie), energie in crescita (quelle dell’avversaria)? Ci sta tutto, anche quel mal di pancia che mi tormentava da mercoledì.
Tappa avvincente quella di mercoledì: la più lunga, la più temuta, la più aspettata. La mia preferita. Non che mi abbia mai regalato nulla, né mi ha mai vista particolarmente aggressiva: sarà solo questione di affinità. Ora si tratta di gestire il vantaggio accumulato nelle due tappe precedenti, quando ho saputo staccare brillantemente chi reputavo inavvicinabile. I cinque chilometri di tornanti mozzafiato mi preoccupano, è una questione di resistenza e di gestione delle risorse, per non trovarsi svuotati quando si potrebbe cominciare a volare. Mi trovo alle sue spalle, lei sale che è un piacere e io dietro arranco per non perderla di vista. Sono “solo” cinque chilometri, dopo potrai recuperare: gestisci la distanza senza esagerare, dai che manca poco! Certo, cosa vuoi che sia? Si traballa un po’, una volta giunti al vertice, quindi si ritrova la padronanza delle gambe e si cambia marcia: giù a tutta! Eccola, sempre più vicina, sento il suo respiro, forse anche la sua voce: poi solo l’aria calda, e il rumore dei miei passi. Fosse così fino alla fine... Invece il brutto deve ancora venire, perché dopo quella fantastica discesa inizia una serie di saliscendi che possono stravolgere gli assetti. Quello in prossimità del dodicesimo chilometro è una bastonata: ancora salita, e sembra non finire più. Lo straordinario vantaggio che avevo guadagnato si sta via via accorciando, e qui scatta l’allarme: in un attimo di sconforto, mi fermo e guardo indietro; non si vede, ho ancora margine, ma a maggior ragione è adesso che devo raschiare il fondo. Il fatto è che non trovo nulla da raschiare! Il trucco è non alzare lo sguardo, dovrà pur finire quest’agonia. Ecco, via in picchiata – insomma, più o meno. Scoordinata e ansimante, provo a spingere a più non posso: quel rettilineo al termine della discesa è interminabile, sto veramente tirando gli ultimi, temo di non riuscire ad arrivare alla fine. Svolta a sinistra, ecco l’arrivo. Ci sono, più morta che viva, ma ci sono. Un bicchiere di integratore al ristoro, il mio beverone dolce a seguire, mentre riprendo fiato, e subito le budella iniziano a gorgogliare. Mah, sarà il lamento generale del mio fisico provato. Mi butto in mare per non pensarci più, galleggiando sulla posizione consolidata – ormai inossidabile, mi dicono, ma io non ci credo ancora. Premiazioni con omaggi delle autorità di Salina: uva squisita, pizzetta così così, e la mia pancia torna a protestare. Fuga liberatoria in bagno prima della traversata di ritorno. Il mare mi culla, sbarco leggermente assopita, ho voglia di gelato. Ahi, non dovevo farlo! Sotto coi fermenti lattici: il peggio è scongiurato, ma permangono una punta di dolore e un fastidioso senso di tensione. Respira e rilassati, l’imperativo ora è rigenerarsi. Il maltempo della giornata di riposo costringe all’ozio, ma il venerdì mattina, nella piazzetta di Lipari, sono tutt’altro che carica. E ci si mette pure la pioggia. Disastro annunciato?

Illusioni a picco. L’ultimo giorno dovrebbe emergere una Valentina cattiva come non mai: appunto, quando mai? Devo crederci, devo crederci, devo crederci. Quarantacinque secondi sono un discreto margine, basta incollarsi e non mollare. Non ti spaventeranno sei fottuti chilometri e mezzo? Tanti. Troppi. Quattro giri nervosi e scattanti, ondulazioni insufficienti a fare la differenza: qui vola solo chi è a mille. Lei scappa subito, io sono impiccata dal primo chilometro: il mio massimo è comunque ridicolo. Mi aggrappo all’ultimo barlume di speranza, incitata dai nuovi amici che credono in me: mai sentita tanta solidarietà, mi fa sentire viva quando sto per morire. Purtroppo tutto è inutile.
Avrei preferito non essere mai stata terza, non avere sognato quel podio, restare da subito ai piedi della più forte. Così invece mi ritrovo ad arrovellarmi sulle cause della sconfitta, inquinando gli ultimi sgoccioli di vacanza. Il sole scende dietro allo scoglio: cala il sipario, senza applausi.
 

7 commenti:

Gianmarco Pitteri ha detto...

Ne abbiamo parlato tanto, ora si gira pagina e sotto con le prossime!
Nella corsa, come nella vita, tutto fa esperienza: il bello (e il brutto) è che non c'è mai una seconda possibilità, quindi il classico pensiero "Se quel giorno avessi..." o "Se invece di..." è un'inutile perdita di tempo, nel senso che ogni volta cambia qualcosa quindi l'eventuale "esperimento" non è mai replicabile al 100%.
Certo, la prossima volta, si prova a cambiare qualcosa... io la mia ipotesi l'ho già buttata là, sarà che i numeri mi piacciono... :-P

Valentina ha detto...

A me invece i numeri non piacciono, perciò mi affido ai tuoi calcoli: fiduciosa.
Certo, ora guardiamo avanti, che ci sono delle belle sfide all'orizzonte.

Gianmarco Pitteri ha detto...

... sfide altrettanto interessanti e meno "rischiose" da un certo punto di vista... ;-)

Doc ha detto...

Secondo me il problema è che ti piace proprio "non vincere" (che non significa necessariamente arrivare primi). Ti disegni addosso questo "lamento" post gara e ti lascia abbracciare da esso. Mi rompono le palle sia D'Annunzio che Leopardi... mi fido però di Federico. Fidati di Valentina, dalle qualche possibilità, ne ha molte di più di quelle che pensi. Un abbraccio sincero. Sei sempre molto brava
Fede

Valentina ha detto...

Grazie Fede. In in un certo senso hai sicuramente ragione. Ma non è che mi piaccia non vincere, nè che ami crogiolarmi nel lamento: è che mi sento una perdente a prescindere (e non mi riferisco solo alla corsa), perciò non riesco a gestire le situazioni "vincenti". Non mi sento mai all'altezza, non riesco a fidarmi di Valentina: è un mio limite, da sempre.

Doc ha detto...

Si può sempre incominciare. Prova :-*

Anonimo ha detto...

Il problema - l'unico, forse - è che non ci si può allenare più di tanto a cambiare la propria natura.
Chi vede, chi sente il bicchiere sempre "mezzo vuoto", riuscirà ad annegare nel nulla.

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