venerdì 15 marzo 2013

Educazione Siberiana di Gabriele Salvatores


Per quanto abbia sempre apprezzato Salvatores, questa storia di violenza ambientata in uno dei luoghi più ostili del mondo mi suscitava appena un po’ di curiosità: per la fiducia nel regista e, soprattutto, per la presenza di Malkovich – adoro la sua intensa espressività, il suo sguardo inquietante, il suo piglio malvagio e seducente. La campagna promozionale del film, però, ha colpito nel segno, grazie soprattutto coinvolgimento di Nicolai Lilin, l’autore del romanzo che ha ispirato Salvatores: come immaginare che quel bravo ragazzo che incarna perfettamente l’immagine dello studente perfetto abbia trascorsi tanto cruenti? Ora forse bisognerebbe leggere il libro, al quale non ho mai prestato attenzione per le ragioni di cui sopra. Iniziamo intanto dalla pellicola, che già so non mi appassionerà più di tanto, quindi il discorso sarà presto chiuso.
Che le cose sarebbero andate diversamente l’ho intuito sin dall’inizio, quando lo spietato  nonno Kuzya (straordinario Malkovich) butta lì una frase come Un uomo non può possedere più di quanto il suo cuore possa amare”. Sono già schiacciata sulla poltrona, e assisto allibita al susseguirsi di immagini che, se non sapessimo riproducano una misera realtà, sembrerebbero il prodotto di una fantasia perversa. Eppure, più della violenza, a colpire è la poesia: o meglio, si resta spiazzati dai germogli di dolcezza che sbocciano inaspettati in un contesto tanto brutale. La figura di Kolima concentra in sé tutti i caratteri del mondo che rappresenta, perfettamente espressi nei rapporti con ambiente e persone circostanti – il torbido Gagarin e la bizzarra Xenia in primo luogo. Un’altalena di crudeltà e tenerezza, dove odio e amore non si definiscono ma si intrecciano, senza tregua e senza soluzione.
Quanti colpi allo stomaco, ma quanto languore: il colmo della commozione lo raggiungo nella scena della giostra sulle note di Absolute Begninners, solo questa vale tutto il film. Un Salvatores in stato di grazia, la massima espressione della sua vena artistica. È troppo definire questo film un capolavoro? Io credo di no.

2 commenti:

Gianmarco Pitteri ha detto...

Mi sa che abbiamo un'altra passione in comune... io però sono più da Tarantino, Aronofsky, Nolan, Singer...

Valentina ha detto...

No, Tarantino non è proprio il mio genere, sugli altri non mi esprimo non conoscendoli abbastanza. Comunque, anche questo film non sarebbe il mio genere, eppure...

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