domenica 22 settembre 2013

Maratonina del Parco del Delta del Po

Perché ho voluto partecipare a questa gara? Bella domanda! Per diverse ragioni, che messe insieme non compongono una motivazione solida: ma non è che tutto debba per forza rispondere ad un progetto strutturato. Intanto, erano anni che mi incuriosiva, più che altro per la localizzazione: un’isola sul delta del Po ispira immagini suggestive – ampi orizzonti, abbracci tra cielo e mare, disegni eleganti di voli leggeri. Però è lontana, e in quella data ci sono spesso altri appuntamenti quasi obbligati: la gara sociale, appunto. Bruttissima - per usare un eufemismo. Vado solo perché devo: ma devo proprio?...
Noi domenica andiamo ad Albarella. Fantastico, vengo anch’io! Sì, avevo bisogno di un pretesto, e non me lo sono lasciato sfuggire. Del resto, è necessario che inizi a mettere un po’ di chilometri nelle gambe, e quale occasione migliore?
Tutta quest’acqua mi inquieta: il sublime dell’imponenza. Ne sento la forza, avverto la mia inconsistenza di fronte ad una natura smisurata e imprevedibile. Sopra di noi, uno stormo di uccelli dall’aspetto curioso: osserviamo meglio e ne cogliamo le sfumature rosate. Fenicotteri. Ma allora ci sono davvero! Ecco, ci sono cose che ti riconciliano col mondo: chissenefrega della levataccia, dell’autovelox, della fatica che mi aspetta? Abbiamo assistito ad uno spettacolo straordinario, la giornata potrebbe anche chiudersi adesso.
foto di www.mattiabianchi.it
 
Invece no, sono venuta qui per correre, meglio che cominci a sintonizzarmi sulle giuste frequenze. Aspettative zero. Tra quello che mi piacerebbe ottenere e quello che, obiettivamente, posso realizzare c’è un abisso: quindi, profilo basso e mente leggera. Si parte cauti, poi ci si assetta su un ritmo navigabile, infine si prova a chiudere in spinta. Facile, no? Sì, facile fino al sesto chilometro, quando il cambio di direzione e di fondo stradale – ergo, vento contrario e sentiero sterrato – decretano la morte della mia gara. Mi rivedo alla maratona di Trieste, quando provai a tenere testa alla bora per una ventina di chilometri, per poi desistere alla sua prepotenza. Oggi, tra il vento che mi frusta e i piedi che scivolano sulla ghiaia, il mio ritmo regredisce progressivamente. Spero ancora di potermi riprendere, confidando in un successivo tratto più favorevole, ma guadagno troppo poco per ritrovare sufficiente slancio. E gli ultimi cinque chilometri, quelli in cui avrei dovuto dare il massimo, sono un vero calvario: completamente esaurita, mi fermo una, due tre volte. Il parco, le ville, il mare: tutto molto bello, magari però in un'altra occasione. Insomma: contenta di essere venuta qui ma, se mai tornerò, non sarà per la maratonina – sulla quale non ho nulla da eccepire, sono io che sulla ghiaia non sono proprio in grado di correre.

2 commenti:

Doc ha detto...

Vale, Vale, Vale, Vale... già è meraviglioso poter correre, ancora più piacevole avere la possibilità di farlo a cuore e mente leggeri, liberi... non perderti la gioia di essere "selvaggiamente te stessa" solo perchè a tera c'è ghiaia o perchè il vento è forte. Corri. Con tutto ciò che hai. Sempre
Un abbraccio
Fede

Valentina ha detto...

Fede,
Io corro con tutto quello che ho, ma evidentemente non è sufficiente a farmi godere certe condizioni - che per me sono infernali...

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