Fatico a ricordare i compagni e le compagne di scuola. Di nessuno di loro ho più notizie, nemmeno di quelle che ai tempi sembravano amiche del cuore. Finita la complicità sui banchi, è finito tutto quanto. Ognuno è andato per la sua strada e, ora, di alcuni non ricordo neppure il nome e dubito che li riconoscerei se li incontrassi casualmente.
Poi capita che, chiacchierando del più e del meno, si finisca per rievocare fatti e persone che hanno segnato in qualche modo il nostro passato. E si riaprono squarci di vita che, per qualche attimo, destabilizzano il presente.
Naida era mia compagna di banco alle scuole medie. Una testa matta, sempre a caccia di guai e per nulla interessata a qualsivoglia lezione. Famiglia disastrata, un fratello bello e maledetto, uscito miracolosamente da una travagliata esperienza di tossicodipendenza, lei non si sottraeva al fascino del proibito, della facile evasione, del mito dello sballo. Due occhi sgranati sul mondo e un sorriso disarmante, un folletto irrequieto e curioso.
Cosa aveva in comune un simile soggetto con la sottoscritta, studentessa modello, ligia al dovere e tutt’altro che trasgressiva? Eppure ci volevamo un bene dell’anima. Non ho mai frequentato le sue amicizie, né l’ho mai seguita nei suoi giri loschi. Ma conoscevamo tutto l’una dell’altra. Ci perdevamo non solo in chiacchierate infinite, ma anche in letterine che ci scrivevamo persino quando eravamo entrambe in classe, durante le lezioni più noiose. Siamo rimaste a lungo in contatto negli anni a seguire. Non ricordo quando sia avvenuto il nostro ultimo incontro, certamente tantissimi anni fa. Poi siamo finite l’una nei ricordi dell’altra, in quell’angolo della memoria che, quando visitato, fa riaffiorare le emozioni di quei giorni, di quel tempo in cui tutto era ancora da realizzare.
Ieri sera la gelata. Chissà come mi è tornata in mente la storia di Raffaele, il fratello bello e maledetto (quella vicenda mi procurò persino un premio giornalistico). Da chi conosce bene la gente di paese, ho voluto sapere se lui stesse ancora bene, se davvero tutto fosse filato liscio.
“Sì, sta bene. Solo che da poco gli è morta la sorella, Naida, hai presente?”
Da tre mesi Naida non c’è più. E io, da anni, non sapevo nulla di lei. Non sapevo che stava lottando contro un cancro che l’ha lentamente distrutta. Lei che ha sfidato le avventure più assurde, non ha potuto superare l’ostacolo più infimo. Non posso avere rimorsi, in fondo è naturale che le persone si allontanino. Ma, accidenti, siamo state grandissime amiche, proprio nell’età in cui l’amicizia è il sentimento più grande. Ora non serve a nulla pensare che si dovrebbero mantenere i contatti, che dovremmo curare i nostri affetti e preoccuparci sempre e comunque di chi abbiamo avuto accanto. Non riesco a pensare a questo, anche perché mi suona molto scontato e retorico.
Riesco solo a pensare che Naida non c’è più
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