Come giocarsi una posizione da sogno con un errore da
principiante.
Con i quasi due minuti di vantaggio, si doveva semplicemente controllare: partire molto prudenti, senza attaccare, gestendo il margine con
oculatezza. Era fondamentale non spremersi nella prima parte, tutta saliscendi,
per affrontare con buone energie gli ultimi due chilometri di micidiali tornanti:
stringere i denti fino al decimo, sapendo che i cinque successivi sarebbero
stati tutti in discesa. Invece… Invece ho il terrore di vedermi scappare subito
l’avversaria, così parto come una forsennata, illudendomi che i tratti più agili
siano sufficienti a farmi guadagnare metri. Così mi sfianco, quasi senza
rendermene conto. E l’avversaria, più saggia, mi lascia fare. Fino, appunto, al
punto più duro: quando io boccheggio, e lei mi saluta. Qui, una con gli
attributi avrebbe raschiato il fondo delle risorse per non perdere troppo
terreno. La schiappa, invece, barcolla e molla. Non riesco più neppure a
correre, la salita sembra interminabile e sono superata persino dalla quarta
donna. Provo a recuperare in discesa, ma lo spirito della perdente ha la
meglio. Colpita e affondata, specie dopo le bastonate di Jader – mai visto così
infuriato per una mia controprestazione: aveva dato per inossidabile la seconda
posizione, e sulla carta lo era. Ma, ormai, l’abbiamo appurato: le gare a tappe
riservano sorprese fino all’ultimo giorno. E abbiamo constatato anche che non
fanno per me. La gestione di cinque giorni ad alta tensione richiede una mente
fredda, calcolatrice, aggressiva. Un’altra testa, insomma, che sappia elaborare
le giuste strategie. Ciò che vale per una competizione singola risulta
ovviamente amplificato in una prova prolungata: sbagliare una mossa pregiudica,
ovviamente, l’intera partita.
E adesso, come affronto il seguito della competizione? Sarà sufficiente
il giorno di riposo per ritrovare forza e coraggio? Se non altro, quest’anno la
stagione aiuta – almeno qui: dovevamo proprio venire alle Eolie per goderci l’estate.
La notte (tutte le notti) dormo male, ma
la giornata di sole è un’ottima ricarica. Un giro in barca per spezzare la
monotonia della spiaggia: per lasciarci cullare dall’unico mare che ci sembra
irresistibile, per perderci ancora una volta in quel sogno che ci pungola
costantemente…
Il circuito di Lipari, la tappa più antipatica: è qui che l’anno
scorso sono caduta dal podio, è qui che quest’anno devo difenderlo con tutta me
stessa – corpo e, soprattutto, testa. Sto bene, non c’è nulla da temere – se
non le mie cretinate. Eccoci: seconda, terza e quarta tutte lì, per un paio di
giri. Poi la seconda allunga, io la lascio andare e mi incollo alla quarta. Un vampiro.
Mi sta odiando, lo so, ma è una questione di sopravvivenza. Sul finale accenno
uno scatto per superarla, ma lei reagisce e io non insisto: oggi va bene così.
L’ultima tappa è una novità. Giro unico, e questo mi piace. Partenza
in discesa: questo mi piace ancora di più. Le strade le conosco, so dove sarà
più dura e dove potrò spingere a tutta. Potrei comportarmi come ieri, cioè controllare
senza spremermi, ma oggi voglio dare il massimo. Peccato per quella rampa, in
dirittura d’arrivo: perdo la seconda posizione per un soffio. Ma è la
classifica generale che conta. Resta il mistero su quell’incredibile vantaggio
dei primi due giorni: possibile che ci sia davvero chi passeggia all’inizio,
con la certezza di avere la meglio alla fine? Mi sembra impossibile, per di più con un
simile scarto. Perché congetturare? Io sono questa: ogni giorno è “il giorno”,
a volte ingrana e altre no, ma non potrei mai studiare le tattiche a tavolino.
Per le premiazioni è stata scelta una sede di gran lusso. Dalla
piscina affacciata sul mare, già penso al prossimo anno. È così che funziona:
si aspetta l’aliscafo per il ritorno con un groppo alla gola, non c’è partenza più
triste. Perché dobbiamo andarcene? Perché non riusciamo a trovare il modo per
vivere per sempre su quest’isola? E neppure sappiamo se potremo tornare... I
primi giorni, a casa, non si fa che rimuginare su “cosa starei facendo là a
quest’ora”, quelli successivi non si fa che rievocare i momenti vissuti; finché
non si comincia a curiosare sul web, alla ricerca delle combinazioni di viaggio
più convenienti. In sintesi: si vive tutto l’anno in funzione del Giro delle
Eolie. E magari si rinuncia a mille altre cose, pur di esserci ancora. È sempre
un azzardo, contro ogni logica, oltre qualsiasi senso della ragione. Colpa di
Vulcano, della sua anima diabolica: o ti respinge o ti rapisce - una volta e
per sempre.
2 commenti:
C'è anche chi ha mollato tutto e si è trasferito all'avventura, certo ci vuole coraggio...
Ci vuole coraggio ma anche spalle coperte: a questo genere di avventure credo poco.
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