La luce ora è trasparente, le isole sono così vicine che sembra
di poterle toccare. Mi trovo esattamente dove vorrei essere, dove vorrei restare. Del resto, in un certo senso, qui è cominciato tutto… La caserma dei Carabinieri,
ricordi? Era il nostro punto di arrivo: dal villaggio alla caserma e ritorno;
io ti staccavo sempre in salita, in fondo anche allora correvo tutti i giorni,
pur senza sapere nulla di ritmi, gare o allenamenti. Tredici anni dopo, ti stacco di nuovo: arrivo
alla caserma poi torno a recuperarti. Piano piano, giusto per sgranchirmi le
gambe: per godermi al massimo l’isola, ora che la gara è finita e ci restano
poche ore di quiete. Dovevamo salire al vulcano, ma il nubifragio della mattina
ha sicuramente reso il sentiero una poltiglia: anche quest’anno, niente
cratere. Ma torneremo, vero? Perché io non posso pensare che questa sia l’ultima
volta. È stato sempre un azzardo, contro ogni logica, oltre qualsiasi senso
della ragione. Ma abbiamo fatto il pieno di entusiasmo, come mai avremmo
creduto o sperato. Nonostante i mille dolori, il divieto ai bagni di mare, il
maltempo. La perfezione non è per noi, il va
tutto bene non ci appartiene: eppure questa è la nostra dimensione ideale,
qui riusciamo a sentirci vivi e vitali. Sarà per una certa affinità con gli
inferi…
foto tratta da www.modenacorre.it |
L’inferno si è scatenato questa mattina. Sembrava una
giornata tranquilla, non certo radiosa, ma neppure troppo cupa. Invece, appena
terminati i soliti rituali pre- gara, il cielo si infuria lanciandoci secchiate
d’acqua. Ci stringiamo sotto un tendone, già fradici e infreddoliti. Si potrebbe
sospendere la tappa, tanto i giochi sono fatti, no? No, nessun cenno ad una
simile ipotesi. Se almeno la riducessero di un giro… No, neppure quello:
soffrite fino alla fine, siete o non siete forti atleti? Mah, la mia gamba ha
molti dubbi in proposito e quando, già dopo pochi passi dal via, sprofondiamo nel
fiume che scorre tra le strette vie del paese, riesco solo ad augurarmi che
tutto finisca il più presto possibile. Schivare le pozzanghere è impossibile,
ormai non esiste più la strada. Con un misero stile da palombaro guadagno comunque
da subito la mia posizione: è vero, oggi potrei lasciarmi un po’ andare,
gestire il vantaggio con serenità. Quando mai? Non può essere che io mi senta
sicura. Anzi, in queste condizioni non sono neppure certa di poter arrivare
alla fine. Perché, oltre al rischio di annegamento, aleggia il pericolo di non
poter più tollerare il dolore. Come mai si è così incarognito? Spingere è
davvero difficile, provo a conservarmi un po’ per spremere il massimo nell’ultimo
giro: arriverà, prima o poi. Arriverà quel maledetto traguardo che sancirà una
volta per tutte il mio quarto posto. Stavolta li ho contati bene i passaggi,
non come ieri che, nel dubbio, stavo per proseguire la corsa oltre il dovuto. Quel
terribile circuito di Lipari: pietrini insidiosi, villeggianti distratti, e un
muro da scalare per cinque volte. Attenzione ai massimi livelli, facile perdere
il conto: specie quando monta la stanchezza e la fatica percepita non è affatto
proporzionale al chilometraggio svolto. Ero comunque riuscita a condurre
ottimamente la mia gara, con discreta spinta e notevole slancio. Anche il dolore,
incredibilmente, si è fatto notare appena. Strano davvero: dopo la sofferenza
durante il tappone, e il costante disagio nella giornata di riposo (giusto una
sgambatina, tanto per gradire), temevo un riacutizzarsi del problema. Tutt’altro.
Mi ero illusa, vuoi vedere che sto guarendo davvero? No no, eccolo di nuovo qui,
bastardo più che mai. Che avverta la stagione, come i reumatismi? Qualcuno mi
vuole dire cosa accidenti ho?
Domani si fa ritorno. Un viaggio lunghissimo. Poi? La luce di
Vulcano non si potrà riprodurre. E, considerato come mi sento, neppure quella
carica. Credevo che questo potesse essere un punto di (ri)partenza, invece temo
sia stato solo uno squarcio nel buio: ho trovato l’isola felice, ma ora la devo
abbandonare. Inutile fare programmi, tutto è ancora da provare – sarebbe bello
anche poter capire, ma questa resta un’utopia.
1 commento:
sempre molto piacevole leggerti
zampa
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