domenica 20 novembre 2011

Una ragazza di campagna

Per qualche misteriosa ragione, la società preferisce vederci schierati al via del Trofeo Nassetti, piuttosto che a quello della Due Mulini. Così mi sono lasciata convincere, nonostante le mie gambette non fossero molto del parere: tutta quella salita, a solo una settimana dalla maratona? Suvvia, non è poi così dura. E un po’ di potenziamento, giusto per richiamo, potrebbe risultare funzionale ai prossimi impegni.
I ricordi di questa gara sono molto vaghi: risalgono al 2004, ed ero reduce da ben due maratone – Carpi e New York. Allora guadagnai parecchio terreno in salita, perdendone altrettanto in discesa. Stavolta però sento che faticherò di più nell’arrampicata, i muscoli sono ancora provati e hanno ormai dimenticato tutti i collinari dei mesi estivi. In compenso, saprò lanciarmi in picchiata: su questo versante ho fatto progressi – sempre che i pendii non siano sterrati.
La competizione si rivela un tira e molla tra me e Monica. Non ho idea di chi ci preceda, né controllo chi abbiamo alle spalle. Mi illudo che ci stiamo giocando la quinta posizione e mi fisso su questa ipotesi. In un tratto che percepisco di una durezza infinita, lei mi stacca, definitivamente. Faccio di tutto per ricucire lo strappo, ma il margine resta inviolato. La fatica di oggi supera di gran lunga quella di domenica scorsa. Il piazzamento, poi, è alquanto deludente: altro che quinta posizione, lei ottava e io nona. Prestazione insignificante. Certo, non potevo aspettarmi nulla di brillante. Ma nemmeno di tornare a casa senza la minima soddisfazione. E non si tratta solo della mia (scarsa) prova, ma del contesto di questa gara - chissà perché piace così tanto. Il ristoro è tra i più miseri che abbia mai approcciato, il pacco gara pressoché inesistente (un portachiavi, so già dove finirà), gli spogliatoi inaccessibili ai podisti. Il percorso potrà forse apparire suggestivo, ma questo non è certo un merito degli organizzatori. Insomma, oggi era meglio stare a casa e rimandare di una settimana l’impegno agonistico. Anche perché inevitabilmente domani il fisico chiederà il conto. Me la sono cercata, niente da dire. Devo però esorcizzare quanto prima questo senso di inconcludenza: domenica prossima ci riprovo.

Riprovo cioè a realizzare qualcosa che possa avere un senso: un tempo finale soddisfacente, un piazzamento significativo, un risultato, insomma, per qualche verso gratificante. Perché mi sembra alquanto improbabile che quella gara che ci suggerivano di evitare sia ambita da atlete di livello stellare. Ovvio, ci saranno sempre i fenomeni irraggiungibili, ma non certo più di quanti ne abbia incontrato (per modo di dire) ad Ozzano. Anzi, se non fosse per quel tratto sterrato che mi rovina la media, la Due Mulini sarebbe ottima per le mie caratteristiche.

Certo che questo clima… Tornare dall’allenamento col ghiaccio tra i capelli è un’esperienza che speravo di avere archiviato per sempre. Quell’inverno mi stese al tappeto, non mi sono più rialzata del tutto. Cosa dovrei pensare, ora che siamo solo in novembre? Evitiamo catastrofismi, ma evitiamo anche di sbatterci alla rincorsa di una performance alquanto improbabile. L’anticipo di inverno ha smorzato i miei entusiasmi: cambio di programma! Proverò a riscattarmi a Lavino, poi invertirò la rotta.

Due gradi sottozero, inizio il riscaldamento, ma i piedi si assiderano strada facendo. E se tornassimo a casa? Dico davvero! Tanto anche oggi finirò come un cane bastonato, ho già individuato la folta schiera delle pretendenti al podio e oltre. D’accordo, ormai siamo qua, tanto vale…
Tengo il ritmo, più di così non potrei andare. Non un granché, ma oggi è una prova di sopravvivenza. Ansimo come un moribondo, e il gelo mi attanaglia la gola. Ho persino l’impressione che si siano ghiacciate le lacrime dentro agli occhi, tanto mi risulta fastidioso sbattere le palpebre. Che disagio correre senza occhiali, ma con questa nebbia sarebbe servito un tergicristallo. Al settimo chilometro penso che siamo già a metà – ed è una considerazione decisamente positiva. Lo sterrato arriva però a mettermi alla prova – e l’ha sempre vinta lui, specie nella cavedagna più impiastricciata. Nulla di terribile, lo ammetto, ma io lo affronto al solito come una papera nel fango. Cerco di rifarmi una volta tornata sull’asfalto, per quel poco che manca. Se non altro, nessuna approfitta della situazione. Quinta. Tempo inferiore a quello del 2010. Senso compiuto.

Ora concediamo a questi poveri muscoli un po’ di respiro. Quanto basta per avvicinarsi al 2012 con la giusta carica – sempre che sopravviva all’inverno.

domenica 6 novembre 2011

Maratona Internazionale Ravenna Città d'Arte: SECONDA!!!

Sprofondata nel divano, Nina sulle gambe, cerco di sciogliere quel nodo che stringe in gola ogni volta che assisto alle immagini della folla sul Ponte di Verrazzano. Inutile nasconderlo: è là che vorrei essere. Inutile cercare di spiegarne le ragioni: finirei col ripetermi. Ma è anche inutile continuare a rimuginare: oggi non c’è spazio per la tristezza. Evidenziamo bene questa data, perché ciò che si è realizzato stamattina difficilmente potrà replicarsi. E pazienza se la partecipazione era scarsa: io c’ero. 

Sul cielo plumbeo prende forma un vivido arcobaleno. Non piove più, anche il vento si sta calmando. Contrasti di luce e di colori: la campagna riesce sempre ad affascinarmi. Quando riferirò questi particolari susciterò grande stupore: io che noto il paesaggio mentre corro? Davvero strano. Sarà che sto bene. Nessuno sforzo, il ritmo scorre facile. Durerà? Ma certo, perché non dovrebbe? Il passaggio alla mezza è ottimo, resta “solo” un’altra metà. Ho trovato diversi compagni occasionali, strada facendo: anche questo è un fatto insolito. Altrettanto strano è l’avviso di un ciclista che ci incrocia: sei seconda. Figuriamoci! Nella mischia tra chi si fermerà al trentesimo e chi proseguirà oltre, come avrà potuto contare le donne in gara? Meglio non pensarci, c’è ancora tanto da correre. Soprattutto, il peggio deve ancora venire. Se il lunghissimo lungofiume mi aveva proiettato in una sorta di trance (quanto amo gli infiniti rettilinei!), ora la città richiede ben altra concentrazione. A breve, un bivio dividerà le sorti del gruppo, qualcuno già allunga per lanciarsi sull’arrivo. Mentre per i maratoneti inizia la caccia all’indicazione. Attimi di panico, adesso dove si va? L’incubo che si materializza! Sì, perché capita occasionalmente che le mie notti siano disturbate da un sogno inquietante: sto gareggiando e, per qualche ragione, sbaglio strada. Capitasse davvero, proprio oggi, potrei commettere una strage! Un cartello giallo e un signore con la bandierina mi riportano alla realtà: sono ancora in gara e, innanzitutto, ancora in buona spinta. Individuo una sagoma familiare: Gaetano, possibile? Avrei voluto averlo accanto dall’inizio, sarebbe stato un buon traino, ma lui è partito sparato e chi l’ha visto più. Sul cavalcavia mi avvicino, e scendendo lo supero: Dai, vieni! Gli offro uno stimolo, ma non riesce a reagire più di tanto. Mi spiace, ma io proseguo. Qualcuno ha detto ancora che sono la seconda donna, che sia vero? Tra lo sterrato dei parchi, il labirinto di curve e il lastricato del centro storico, mantenere questa andatura ha del miracoloso. Rimbalzano voci sulla mia posizione, comincio a crederci davvero. Ma non posso accontentarmi, ho un tempo da sfidare e devo avere io la meglio. A tutta, fino alla fine. Si può fare. Un ragazzo in bici si accoda e comincia ad incitare. Penso sia l’amico del podista che ho appena affiancato, il suo tifo mi è comunque d’aiuto. Si preoccupa anche di precederci per sgomberare la strada dai cittadini a passeggio. Sia lui che l’amico si accalorano. Sei seconda, sei seconda, brava, brava, a braccia alzate! Mai sentito tanto entusiasmo da un compagno di corsa. Mai arrivata con tanta spinta al traguardo di una maratona. L’annuncio dell’arrivo della seconda donna, seguito dal mio nome, è un suono che non credevo avrebbe potuto accarezzare i miei timpani.


Certo, so benissimo che il piazzamento ha un valore relativo, dovendo essere contestualizzato. È comunque un fatto, per me importantissimo. Così come è importantissimo il tempo realizzato: anche questo deve essere contestualizzato. Perché la pioggia e il vento, il groviglio di strade e la varietà di pavimentazione hanno certamente condizionato la prestazione. E che dire del particolare momento della mia vita in cui ho piazzato una maratona? L’ultima settimana impegnata nel trasloco, con tutti gli annessi e i connessi. Insomma, non credo peccare di presunzione nel ritenere che, in condizioni più favorevoli, qualche minuto si poteva limare. È un impegno per il futuro. Finalmente comincio a crederci.


I messaggi di congratulazioni hanno cominciato a fioccare subito dopo il mio arrivo: da Federica, che aveva da poco terminato la sua prova, a Luciano che era alle mie spalle e non lo sapeva (e nemmeno io mi sono accorta di averlo superato: che magnifica sorpresa ritrovarci dopo anni, in una così importante occasione); Antonio, che non ha potuto correre con me; Mirko e Monica, impegnati nella gara sociale; Katia, che mi ha individuata sul web. E poi Maggie, Alberto, Scianca, Sabrina, Luca, Sarah, e quanti altri?... Spero che l’orso sia riuscito a ringraziare tutti, fosse anche con un ruglio.
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