domenica 13 febbraio 2011

Camminata di Viadagola

Diciamolo: che barba ogni anno le stesse gare! Un colpo di vita ogni tanto, è chiedere troppo? Evidentemente sì. Quindi, non potendo girovagare a piacere alla scoperta di nuovi orizzonti, non mi resta che attenermi al solito, immutabile, fisso calendario sociale, che si ripresenta ogni volta come la fotocopia del precedente. Cerchiamo allora di interpretarlo al meglio, iniziando per esempio col ricordare le passate edizioni della gara odierna: come mi piazzai, con quale tempo, chi mi precedette e chi invece riuscii a battere. Scontato il proposito: fare progressi – se non in tutti gli elementi elencati, almeno in qualcuno di essi. Vediamo i principali:

• Piazzamento - L’anno scorso arrivai nona. Quest’anno dovremmo avere al via i quattro fenomeni della mia squadra, la sorpresa dell’anno, l’extraterrestre del Marocco, la mia bestia nera: sono già scivolata in ottava posizione, senza contare le varie ed eventuali. Mi sa che questo aspetto non sarà migliorato.

• Tempo - Nel 2010 un’assoluta schifezza, il peggio non va neppure contemplato.

Temperatura mite, per il periodo, ma la fastidiosa pioggerellina che impregna l’aria di umidità fa rabbrividire: occorre scaldarsi bene, queste distanze richiedono cure attente. Mi aspetta una faticaccia, tre giri infernali, con quella curva a U che spezza il ritmo e che, sul finale, piega le gambe. Già immagino che partirò a scheggia, riuscirò a mantenermi brillante o mi spegnerò come un cerino consumato? Soprattutto: saprò restare incollata a chi conta o la vedrò sfrecciare lontano come spesso (troppo spesso) accade? Mah, intanto sembra abbia smesso di piovere. Stanotte ho sognato qualcosa che ha a che fare con la corsa, ma non ricordo esattamente che cosa. Segno comunque che, sotto la calma apparente, un po’ di agitazione c’è. Eppure non mi pare di avvertire particolare tensione, nemmeno quando siamo tutti schierati in attesa dello sparo – ergo, del momento più critico: la liberazione dei bipedi selvaggi, scatenati nella caccia al posto migliore, disposti a tutto pur di non restare indietro. Non riesco a trovare la “mia” corsa finché mi sento attanagliata dalla massa. Credo, anzi, di essere alquanto ridicola in fase iniziale: una papera spaventata che starnazza per farsi spazio, col terrore di essere arpionata da bestie feroci. Ecco infatti chi approfitta della mia cautela: cosa fanno tutte là davanti? No no, non va per niente bene, qui bisogna impegnarsi. Fuori una, fuori due, fuori tre. Ma quest’ultima non ci sta, me la ritrovo innanzi, attaccata alla mia bestia nera. Tutte e due lì ad un passo. E io? Io mi sento già alquanto impiccata, potrei spremermi ancora? Non è forse prematuro? Queste elucubrazioni mi tolgono energia, a che serve scervellarsi? Qui ci si deve giocare tutto in dieci chilometri, non c’è tempo per giocare con le tattiche. Un altro giro è andato, posizioni immutate. Se non che, come un’apparizione, noto uno scollamento tra le due. Pronta all’assalto, guadagno una posizione – e con essa una boccata di fiducia: chissà che non riesca addirittura il colpaccio. Intanto, vediamo di mantenere questo vantaggio. Anche perché chi mi scodinzola davanti non pare avere nessuna voglia di cedere, anzi, il distacco va aumentando. E’ lei che accelera o io che rallento? Forse entrambe le cose. Di fatto, dopo l’ennesima frenata per la curva a U (finalmente l’ultima), arranco a fatica. L’ultimo paio di chilometri, quelli che dovrebbero mettere le ali, sono interminabili. Se non altro, ho avuto modo di sbirciare alle mie spalle, senza scorgere pericoli di sorta. Questo non significa che possa mollare la presa, sia mai! Cos’è, ormai, un chilometro? Una ripetuta media, come fossi sul mio rettilineo: si vede la fine, non te ne sei accorta? Già la fine: la visualizzo, la sento, la godo quasi. Ma ancora non la scorgo. Curva secca a destra, ormai ci siamo. Qualcuno mi incita, qualcun altro indica dove devo girare, con un altro ancora quasi mi scontro. Caos totale, che mi fa perdere la direzione. Vedo un arco e mi ci fiondo: peccato non sia quello giusto. Un addetto mi sbarra la strada: Dall’altra parte! Mi blocco contro le transenne, arretro quindi imbocco la retta via: altra curva a destra e volata fino al traguardo. Fortunatamente la posizione non era a rischio, ho perso solo diversi secondi. Ma, dico, si può strutturare un arrivo con doppia curva a gomito? Lasciamo perdere. Consideriamo invece gli elementi messi inizialmente in discussione:

• Piazzamento – Quinta: nemmeno nelle più rosee aspettative

• Tempo – Nonostante il crono “inquinato”, un minuto in meno dell’anno scorso

Sono quasi contenta – sottolineo, quasi.





3 commenti:

Filippo ha detto...

Quasi contenta...Beh non esagerare con queste manifestazioni di gioia!
Brava Vale!

Doc ha detto...

Sei rimasta molto bella nella foto!
Quindi doppi complimenti ;-)

Valentina ha detto...

@ Filippo, hai ragione: ho effettivamente esagerato...

@ Fede, sicuro di aver visto la mia foto? Mah, evidentemente ho un bravo fotografo...

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