martedì 11 gennaio 2011

Maledetto forno

Quanto può durare una notte? Il frastuono ha trapassato i tappi di lattice, attraversato i timpani e schiantato il cuore, facendolo sobbalzare. Era già successo, ma subito il sonno aveva preso il sopravvento: isolare le orecchie nel loro ronzio era servito. Fino ad ora. Fino a quando quel tarlo non ha deciso di esplodere. E non c’è protezione che tenga. Non so da quanto tempo stia dormendo, forse non ho neppure superato la fase di dormiveglia quando, d’improvviso, emergo dall’assopimento, come avessi appena appoggiato la testa sul cuscino: un segnale di avvertimento, un campanello d’allarme, sta per accadere qualcosa. Stomp! Tremano i muri. Le pulsazioni vanno alle stelle: d’ora in avanti non c’è tappo che tenga. Il rombare di quelle macchine infernali, lanciate a pieno regime, rimescola le mie viscere e i miei pensieri. Provo ad isolarmi, concentrandomi sul respiro, tentando di ascoltare solo il sibilo naturale che mi scorre in testa. Ma ormai il diavolo mi ha posseduto, e stanotte non avrò più pace. Sono in trappola. Non posso gridare a nessuno la mia rabbia, chi mi ascolterebbe? Quel vecchio ignorante che tutto possiede è sensibile ad un solo rumore, quello dei soldi. Jader, beato lui, in qualche modo riesce a dormire - almeno finché non sarò io stessa ad esasperarlo. Cerco di immobilizzarmi, rannicchiata nel mio angolino, inseguendo disperatamente pensieri tranquillizzanti. Ma presto sopraggiungono i brividi: ho freddo, troppo freddo. Devo andare in bagno, devo trovare qualcosa per scaldarmi, devo prendere fiato ché mi manca persino l’aria. Arrotolata nel plaid, mi accuccio sul divano stringendomi ad una tazza fumante: i nervi cedono, liberando lacrime che non incontrano argine. La pareti rimbombano, la stanza buia e fredda mi opprime, la casa intera sta per schiacciarmi. Non ho scampo. Sopportare la schiavitù ai tappi per le orecchie non è bastato, ora non c’è più nulla che possa fare. Non riuscirò più a dormire, non riuscirò più a correre, finirò col non riuscire nemmeno più a connettere. Nevrotica. Ecco come mi ridurrò: una pazza nevrotica insofferente al mondo intero. Mi faccio tutt’uno col divano, sperando di cedere allo sfinimento. Di anullarmi. Vorrei interrompere il flusso malefico di pensieri catastrofici, aggrapparmi ai bei ricordi e convincermi che altri potranno aggiungersi all’elenco: vorrei guarire da questo male a cui non so dare un nome ma che mi sta logorando. E finirà per logorare anche lui, che ovviamente si è svegliato e mi osserva silenzioso: impotente, più forte di me ma come me disarmato, inevitabilmente contagiato dalla mia disperazione. Ti prego, vieni a letto. Certo, tanto è tutto inutile. Qui o là non fa differenza. A questo punto neppure il silenzio fa la differenza: perché il rumore si è insinuato dentro di me, esaurendo le mie difese. Stringo la tua mano e lascio trascorrere le ore: la notte non è ancora finita, ma ho già paura di quella che verrà domani.

Quando, come un coperchio, il cielo pesa greve
Sull'anima gemente in preda a lunghi affanni,
E in un unico cerchio stringendo l'orizzonte
Riversa un giorno nero più triste dell notti;


Quando la terra cambia in un'umida cella,
Entro cui la Speranza va, come un pipistrello,
Sbattendo la sua timida ala contro i muri
E picchiando la testa sul fradicio soffitto;


Quando la pioggia stende le sue immense strisce
Imitando le sbarre di una vasta prigione,
E, muto e ripugnante, un popolo di ragni
Tende le proprie reti dentro i nostri cervelli;
Delle campane a un tratto esplodono con furia
Lanciando verso il cielo un urlo spaventoso,
Che fa pensare a spiriti erranti e senza patria
Che si mettano a gemere in maniera ostinata.


- E lunghi funerali, senza tamburi o musica,
Sfilano lentamente nel cuore; la Speranza,
Vinta, piange, e l'Angoscia, dispotica ed atroce,
Infilza sul mio cranio la sua bandiera nera.

Charles Baudelaire

6 commenti:

Doc ha detto...

Se il tuo avversario ti attacca con impeto ricevilo con leggerezza, se ti atacca con leggerezza ricevilo con leggerezza. K.M. 10° Dan

Ciao. Fede

Valentina ha detto...

Ehm, Fede caro, non ti seguo...

Daniele ha detto...

Per una misera unghia nera, un must dopo il primo cross stagionale, sono solito commiserarmi per giorni e versare lacrime salate sulla fine di una (in)gloriosa carriera.
Ripartire é la soluzione migliore, trovare un altro orso che ti accompagni lungo i filari é anche meglio.

Con le unghie nere funziona.

Doc ha detto...

In pratica: qualunque sia il tuo nemico (problema) accoglilo sempre con l'animo sereno.

Valentina ha detto...

Fede, mi sta rovinando l'esistenza, altro che stare sereni...

Doc ha detto...

Ti capisco. Non riposare come si deve è un massacro.
Ma massacrarsi ulteriormente non serve.
Ti sono vicino.
Forza.

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