Nina è sotto al letto, la piccola ha paura del temporale. Anch’io devo aspettare che si calmi la bufera, pur sapendo che oggi sarà impossibile svolgere il lavoro correttamente. 12+12x400, veloce a 3’40, “lento” a 4’00: fantascienza! Non sarà certo colpa delle condizioni meteorologiche se non riuscirò a tenere certi ritmi, ma almeno avrò una piccola attenuante.
Placati tuoni e fulmini, infilo le scarpe e vado. Piove ancora e, ovviamente, c’è vento, ma tant’è. Mi lancio nell’impresa, costretta a prendere fiato tra un 400 e l’altro. Lo so, così sballa il senso dell’allenamento, ma è il massimo che riesco a dare. Perdo ben presto la cognizione del tempo e del numero delle ripetute, capisco solo quando sono ormai al termine – sì, ma quanto manca? Intanto la pioggia ha ceduto il passo al vapore che sale dai campi e dall’asfalto. Mentre annaspo ormai allo stremo delle mie forze, una tenera visione solleva il mio spirito: un micione candido sta attraversando la strada. Buffo come continui ad emozionarmi ogni volta che scorgo un animaletto, se poi si tratta di un piccolo felino mi sento sorridere da capo a piedi.
Un incrocio di auto spezza l’idillio, sono costretta a fermarmi per lasciarle passare. Sciolto l’ingorgo, l’orrore. Il micione giace nel mezzo della strada, immobile.
Eseguo la mia ripetuta più veloce per raggiungerlo, ditemi che è ancora vivo! Occhi sbarrati, linguina tra le labbra, con un filo di sangue. Forse però non è finito, forse si può ancora salvare. Lo prendo tra le braccia, mi sembra di sentire il suo cuore pulsare. Ma sono a tre chilometri da casa, una distanza infinita. Mi avvio veloce sperando in un miracolo. Ti prego, piccolo, dimmi che sei vivo… Non un sussulto, non un cenno di vita. Mi rendo conto che l’unico cuore che pulsa è il mio, sono costretta ad arrendermi. Ti devo lasciare, piccolino. Spero almeno tu non abbia sofferto.
Riprendo a correre piena di rabbia. Maledetto chi ti ha ridotto così. Era impossibile non vederti. Non si è trattato di un incidente inevitabile. Maledetti tutti voi che vi sentite draghi in quella scatola di latta e che sapete usare solo il pedale dell’acceleratore!
Appena a casa crollo, tutte le emozioni si sfogano in pianto. Le mie cucciole si strusciano e mi leccano le gambe salate. Come potrei vivere senza di voi? Invece qualcuno ora forse sta cercando il suo micione bianco, che io non sono riuscita a salvare… Cerco di scacciare questa angoscia, ma l’inquietudine non mi abbandona.
Placati tuoni e fulmini, infilo le scarpe e vado. Piove ancora e, ovviamente, c’è vento, ma tant’è. Mi lancio nell’impresa, costretta a prendere fiato tra un 400 e l’altro. Lo so, così sballa il senso dell’allenamento, ma è il massimo che riesco a dare. Perdo ben presto la cognizione del tempo e del numero delle ripetute, capisco solo quando sono ormai al termine – sì, ma quanto manca? Intanto la pioggia ha ceduto il passo al vapore che sale dai campi e dall’asfalto. Mentre annaspo ormai allo stremo delle mie forze, una tenera visione solleva il mio spirito: un micione candido sta attraversando la strada. Buffo come continui ad emozionarmi ogni volta che scorgo un animaletto, se poi si tratta di un piccolo felino mi sento sorridere da capo a piedi.
Un incrocio di auto spezza l’idillio, sono costretta a fermarmi per lasciarle passare. Sciolto l’ingorgo, l’orrore. Il micione giace nel mezzo della strada, immobile.
Eseguo la mia ripetuta più veloce per raggiungerlo, ditemi che è ancora vivo! Occhi sbarrati, linguina tra le labbra, con un filo di sangue. Forse però non è finito, forse si può ancora salvare. Lo prendo tra le braccia, mi sembra di sentire il suo cuore pulsare. Ma sono a tre chilometri da casa, una distanza infinita. Mi avvio veloce sperando in un miracolo. Ti prego, piccolo, dimmi che sei vivo… Non un sussulto, non un cenno di vita. Mi rendo conto che l’unico cuore che pulsa è il mio, sono costretta ad arrendermi. Ti devo lasciare, piccolino. Spero almeno tu non abbia sofferto.
Riprendo a correre piena di rabbia. Maledetto chi ti ha ridotto così. Era impossibile non vederti. Non si è trattato di un incidente inevitabile. Maledetti tutti voi che vi sentite draghi in quella scatola di latta e che sapete usare solo il pedale dell’acceleratore!
Appena a casa crollo, tutte le emozioni si sfogano in pianto. Le mie cucciole si strusciano e mi leccano le gambe salate. Come potrei vivere senza di voi? Invece qualcuno ora forse sta cercando il suo micione bianco, che io non sono riuscita a salvare… Cerco di scacciare questa angoscia, ma l’inquietudine non mi abbandona.
1 commento:
quanta sensibilità, quanto madame-bovary-approach, quanto senso si superiorità
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