La mia reazione di fronte alla foto che ritraeva la preghiera dei musulmani in Piazza Maggiore è stata “…Meraviglioso! Peccato non essere lì in quel momento!”
Tutt’altra reazione ho avuto, invece, nel leggere le dichiarazioni e i commenti di vari esponenti del Partito Democratico sulla questione: sorpresa, certo, ma soprattutto delusione e indignazione. Si parla di cittadini bolognesi spaventati e, addirittura, di “provocazione pericolosa, irrispettosa per la Chiesa cattolica bolognese”, “inopportuna, inopportunamente provocatoria e programmata”. Parte del PD, insomma, solleva argomentazioni simili a quelle esposte dal monsignor Vecchi, dimostrando un’ottusità e una superficialità decisamente sconcertanti. Sconcerto che viene ulteriormente alimentato dall’approvazione con la quale da alcuni è stato accolto l’articolo di Enzo Bianchi pubblicato sulla Repubblica del 9 gennaio. Il priore, oltre ad attribuire una valenza religiosa alla piazza (“la piazza su cui si affaccia la chiesa principale di una città riveste un carattere emblematico: affermazione forte della presenza del cristianesimo al cuore dell'abitato urbano”), ribadisce l’inopportunità della preghiera musulmana in quanto “l'immettere nell'esercizio di questo diritto alla libertà di espressione, anche collettiva, una così esplicita connotazione religiosa mi pare metta a rischio sia la natura laica delle contese socio-politiche sia l'essenza stessa della preghiera”. E prosegue con il suo approfondimento del significato e del valore della preghiera cristiana (e sottolineo cristiana).
A parte il fatto che Bianchi, definendo la preghiera cristiana "disarmata, libera da ogni coercizione, impossibilitata a essere difesa con le armi”, pare abbia dimenticato alcuni episodi come l’inquisizione, le crociate, la conquista dell’America ecc., con la sua analisi non fa che confermare l’ottusità di simili argomentazioni.
Si continua, cioè, a ragionare esclusivamente entro i propri schemi culturali, senza prendere in considerazione che quella in cui viviamo non è l’unica cultura possibile – né l’unica civiltà. E’ la mentalità del colonizzatore, di chi ritiene che la verità e il bene stiano da una parte sola, di chi giudica temibile e pericoloso ciò che non conosce: perciò fa il possibile per farlo rientrare nella propria gabbia conoscitiva – e, se non ci riesce, mira a sopprimerlo.
L’unica analisi davvero illuminata che ho avuto il piacere di leggere in questi giorni è quella di Joaquin Navarro-Valls (la Repubblica, 7 gennaio): “nella misura in cui le nostre società occidentali ospitano altre comunità e altri popoli, è necessario che impariamo a confrontarci un po' tutti con linguaggi necessariamente diversi dai nostri. E’ importante, in altre parole, che non ci attendiamo ingenuamente da immigrati islamici e profughi palestinesi che si esprimano come un sindacato occidentale o come un partito politico nostrano." E aggiunge “…la volontà di rintracciare una propria identità culturale e politica nel proprio credo tradizionale costituisce non un avamposto del terrorismo, ma il suo più efficace e risolutivo deterrente.”
Libertà di pensiero e di espressione: valori di cui andare fieri. Io sono fiera che nella mia città si possa assistere a manifestazioni come quella di alcuni sabati fa. Purtroppo non posso dirmi altrettanto fiera di fare parte di una formazione politica che continua a perdere occasioni per dimostrasi una forza davvero nuova e riformista.
Tutt’altra reazione ho avuto, invece, nel leggere le dichiarazioni e i commenti di vari esponenti del Partito Democratico sulla questione: sorpresa, certo, ma soprattutto delusione e indignazione. Si parla di cittadini bolognesi spaventati e, addirittura, di “provocazione pericolosa, irrispettosa per la Chiesa cattolica bolognese”, “inopportuna, inopportunamente provocatoria e programmata”. Parte del PD, insomma, solleva argomentazioni simili a quelle esposte dal monsignor Vecchi, dimostrando un’ottusità e una superficialità decisamente sconcertanti. Sconcerto che viene ulteriormente alimentato dall’approvazione con la quale da alcuni è stato accolto l’articolo di Enzo Bianchi pubblicato sulla Repubblica del 9 gennaio. Il priore, oltre ad attribuire una valenza religiosa alla piazza (“la piazza su cui si affaccia la chiesa principale di una città riveste un carattere emblematico: affermazione forte della presenza del cristianesimo al cuore dell'abitato urbano”), ribadisce l’inopportunità della preghiera musulmana in quanto “l'immettere nell'esercizio di questo diritto alla libertà di espressione, anche collettiva, una così esplicita connotazione religiosa mi pare metta a rischio sia la natura laica delle contese socio-politiche sia l'essenza stessa della preghiera”. E prosegue con il suo approfondimento del significato e del valore della preghiera cristiana (e sottolineo cristiana).
A parte il fatto che Bianchi, definendo la preghiera cristiana "disarmata, libera da ogni coercizione, impossibilitata a essere difesa con le armi”, pare abbia dimenticato alcuni episodi come l’inquisizione, le crociate, la conquista dell’America ecc., con la sua analisi non fa che confermare l’ottusità di simili argomentazioni.
Si continua, cioè, a ragionare esclusivamente entro i propri schemi culturali, senza prendere in considerazione che quella in cui viviamo non è l’unica cultura possibile – né l’unica civiltà. E’ la mentalità del colonizzatore, di chi ritiene che la verità e il bene stiano da una parte sola, di chi giudica temibile e pericoloso ciò che non conosce: perciò fa il possibile per farlo rientrare nella propria gabbia conoscitiva – e, se non ci riesce, mira a sopprimerlo.
L’unica analisi davvero illuminata che ho avuto il piacere di leggere in questi giorni è quella di Joaquin Navarro-Valls (la Repubblica, 7 gennaio): “nella misura in cui le nostre società occidentali ospitano altre comunità e altri popoli, è necessario che impariamo a confrontarci un po' tutti con linguaggi necessariamente diversi dai nostri. E’ importante, in altre parole, che non ci attendiamo ingenuamente da immigrati islamici e profughi palestinesi che si esprimano come un sindacato occidentale o come un partito politico nostrano." E aggiunge “…la volontà di rintracciare una propria identità culturale e politica nel proprio credo tradizionale costituisce non un avamposto del terrorismo, ma il suo più efficace e risolutivo deterrente.”
Libertà di pensiero e di espressione: valori di cui andare fieri. Io sono fiera che nella mia città si possa assistere a manifestazioni come quella di alcuni sabati fa. Purtroppo non posso dirmi altrettanto fiera di fare parte di una formazione politica che continua a perdere occasioni per dimostrasi una forza davvero nuova e riformista.
5 commenti:
a volte penso che sarebbe il caso che si cambiasse la costituzione e che al posto di definire l'italia uno stato laico lo si definisca religioso, anzi CATTOLICO, almeno in questo caso forse commenti cosi' avrebbero senso, ma sottolineo il forse.
fa rabbia che l'espressione della liberta' di parola, pensiero e religione sia sempre negata dalla paura dell'altro. ma paura di cosa? cosa stiamo proteggendo?
questo episodio mi ricorda le parole velenose della fallaci in occasione della preghiera musulmana (o forse era una dimostrazione) in piazza a firenze.
anche questo in fondo e' fanatismo religioso. ma non se ne rendono conto.
“Bellissimo!” è stata anche la dichiarazione di Dario Fo... che io condivido.
La posizione del PD non mi stupisce... contiene troppi ex DC per potersi aspettare qualcos'altro.
"Purtroppo non posso dirmi altrettanto fiera di fare parte di una formazione politica che continua a perdere occasioni per dimostrasi una forza davvero nuova e riformista".
Benché si parli comunemente di "fede politica", un Signor Qualunque potrebbe domandarsi per quali motivi profondere energia per chi, in fondo, non ci rappresenta per davvero.
Il dubbio del "Signor Qualunque" è per me argomento di tormentata riflessione...
Maroni non la pensa come me...
http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/immigrati-3/maroni-preghiere/maroni-preghiere.html
...piccoli segni che mi confortano! :-D
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