
Fatto stranissimo, in ufficio, incontrare un collega con un libro in mano. Non resistendo alla curiosità, sbircio spudoratamente per individuare il titolo: La macchia umana di Philip Roth.
- Lo vuoi? Io non riesco a leggerlo.
Non ho nessuna confidenza con il tipo, resto alquanto interdetta. Non accetto libri in prestito, preciso, ho la necessità di “possedere” ciò che leggo.
- Te lo regalo.
Ma come? Scherzi? Vabbè…se insisti. Un libro non si può proprio rifiutare.
Questo romanzo, poi, era nell’elenco delle dieci migliori opere dell’ultimo decennio, recentemente pubblicato da Repubblica. E da tempo si trovava nella mia lista dei desideri: da quando, cioè, vidi il film che ne fu tratto, interpretato dai magnifici Anthony Hopkins e Nicole Kidman.
Già dalla prima pagina mi rendo conto di essere al cospetto di un mostro di scrittura, e mi chiedo perché abbia aspettato tanto per approcciare questo autore. Le parole che delineano i profili di ambienti e soggetti danno vita a descrizioni che brillano per limpidezza e originalità. E’ vero che ho un debole per le frasi costruite ad arte, ma sono rari i casi in cui rimango letteralmente incantata dallo stile di scrittura: questo è uno di quei casi. Quando poi, oltre alla bella pagina, colgo riflessioni di sconcertante profondità espresse con toni sottili, che venano di sarcasmo drammi sociali ed individuali, il mio rapimento diventa totale. Personaggi complessi, di fatto imperscrutabili eppure scavati spietatamente nel groviglio della loro personalità: psicologie intricate, che non concedono spazio alla banalità. Nulla è scontato, nessun evento è prevedibile, se non ciò che espressamente anticipa l’autore. È un mondo cupo, quello narrato da Roth: non per niente, è proprio sull’ambiguità del colore che si intrecciano le vicende di personaggi che, per intenzione o per disgrazia, escono dagli schemi e sfregiano le convenzioni.
Il film, che comunque vorrò rivedere, non trasmette tutta la ricchezza di contenuti di questo superlativo romanzo, che pongo al vertice della mia personale classifica. Evidentemente, il mio è un giudizio del tutto soggettivo, visto che qualcuno non ha esitato a liberarsi del libro: mi spiace per lui, ma io ci ho guadagnato tantissimo.
- Lo vuoi? Io non riesco a leggerlo.
Non ho nessuna confidenza con il tipo, resto alquanto interdetta. Non accetto libri in prestito, preciso, ho la necessità di “possedere” ciò che leggo.
- Te lo regalo.
Ma come? Scherzi? Vabbè…se insisti. Un libro non si può proprio rifiutare.
Questo romanzo, poi, era nell’elenco delle dieci migliori opere dell’ultimo decennio, recentemente pubblicato da Repubblica. E da tempo si trovava nella mia lista dei desideri: da quando, cioè, vidi il film che ne fu tratto, interpretato dai magnifici Anthony Hopkins e Nicole Kidman.
Già dalla prima pagina mi rendo conto di essere al cospetto di un mostro di scrittura, e mi chiedo perché abbia aspettato tanto per approcciare questo autore. Le parole che delineano i profili di ambienti e soggetti danno vita a descrizioni che brillano per limpidezza e originalità. E’ vero che ho un debole per le frasi costruite ad arte, ma sono rari i casi in cui rimango letteralmente incantata dallo stile di scrittura: questo è uno di quei casi. Quando poi, oltre alla bella pagina, colgo riflessioni di sconcertante profondità espresse con toni sottili, che venano di sarcasmo drammi sociali ed individuali, il mio rapimento diventa totale. Personaggi complessi, di fatto imperscrutabili eppure scavati spietatamente nel groviglio della loro personalità: psicologie intricate, che non concedono spazio alla banalità. Nulla è scontato, nessun evento è prevedibile, se non ciò che espressamente anticipa l’autore. È un mondo cupo, quello narrato da Roth: non per niente, è proprio sull’ambiguità del colore che si intrecciano le vicende di personaggi che, per intenzione o per disgrazia, escono dagli schemi e sfregiano le convenzioni.
Il film, che comunque vorrò rivedere, non trasmette tutta la ricchezza di contenuti di questo superlativo romanzo, che pongo al vertice della mia personale classifica. Evidentemente, il mio è un giudizio del tutto soggettivo, visto che qualcuno non ha esitato a liberarsi del libro: mi spiace per lui, ma io ci ho guadagnato tantissimo.